PADOVA - Fatture false per riciclare denaro sporco che serviva a comprare droga e armi. Era il sistema messo in piedi da due malavitosi calabresi legati alla 'ndrangheta, residenti da anni alle porte di Padova, che avevano dato vita a un'associazione a delinquere finalizzata a riciclaggio, auto-riciclaggio, falsa fatturazione e traffico di stupefacenti. L'Antimafia, nell'operazione Fiore Reciso, ha fatto scattare le manette ieri a 16 persone, 7 in carcere e 9 ai domiciliari, altre 4 sono indagate a piede libero e ha sequestrato beni per 800 mila euro tra immobili, auto, droga, fucili. I vertici della banda compaiono già tra gli arrestati di una recente operazione dalla Dda di Catanzaro: Vincenzo Giglio, 26 anni, figlio di Salvatore, capo dell'omonima cosca calabrese, Antonio Bartucca, 49 anni, e Giovanni Spadafora, 45 anni. Con loro anche il contabile Lorenzo Ceoldo, padovano di 46 anni.
In manette anche Antonio Giardino, Giuseppe Cozza, Pasquale Pullano, tutti di Verona, l'albanese Saimir Sergio Vezi, Domenico Carbone, lo skipper padovano Luca Segato, Nicola Girina, Domenico Mimmo Sottile, Antonino Cassandro ed Enrico Borrini. Parallelamente al traffico di droga, l'indagine ha fatto emergere i favori dell'allora direttore della filiale di Vigonza della Banca Popolare di Vicenza, Federico Zambrini, 50 anni di Piovene Rocchette, e del funzionario Roberto Longone. Oltre a denaro, il direttore aveva anche ottenuto nel settembre 2014 la sottoscrizione di azioni della BpVi per 61mila euro, poi azzerate dal crac dell'istituto di credito.
Gli inquirenti hanno portato alla luce anche una relazione diretta tra la 'Ndrangheta e le banche. Tutti gli affari di Bartucca e Spadafora, secondo l'accusa, sono girati attorno alla filiale della BpVi di Busa di Vigonza. E così l'autorità giudiziaria ha disposto il sequestro preventivo di circa 200mila euro in auto. Se ci sarà la confisca, verranno utilizzate dalle forze di polizia.