L'enoteca "serve" ai veneziani: l'ex sindaco Orsoni batte il Comune sui plateatici

Venerdì 8 Giugno 2018
L'enoteca "serve" ai veneziani: l'ex sindaco Orsoni batte il Comune sui plateatici
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VENEZIA - Enoteca Venezia potrà mantenere il plateatico in Lista di Spagna. L’ha deciso il Tar del Veneto, con una sentenza pubblicata ieri, accogliendo il ricorso contro il Comune e la Soprintendenza presentato dal negozio di alimentari. Secondo i giudici, infatti, l’attività esercitata serve anche ai residenti e dunque non può essere penalizzata. Tutto era cominciato lo scorso 1° marzo, quando il settore Commercio aveva revocato la concessione dell’occupazione di suolo pubblico in uso alla bottega, sostenendo che non fosse «conforme allo studio d’insieme» delineato dalla delibera del consiglio comunale del 19 gennaio 2017, quella riguardante il riordino dei “pianini” di diverse aree del centro storico. Il provvedimento era stato però impugnato da Enoteca Venezia, difesa dall’ex sindaco Giorgio Orsoni  e dal collega Paolo Brambilla nella battaglia contro Ca’ Farsetti (assistita dagli avvocati Antonio Iannotta, Maurizio Ballarin, Nicoletta Ongaro e Silvia Privato) e contro l’articolazione veneziana del ministero dei Beni Culturali (che invece non si è costituita in giudizio).
LE MOTIVAZIONI
Ebbene secondo il Tribunale amministrativo regionale, «il ricorso è fondato e merita accoglimento». Le motivazioni sono nette: «L’attività commerciale esercitata dalla società ricorrente, consistente nella vendita nel centro storico di Venezia di prodotti alimentari di qualità (vini, olii, paste, confetture, etc.), ad avviso del Collegio, non contrasta con i criteri dettati dalle delibere municipali che hanno riordinato l’occupazione di aree pubbliche nelle varie zone della città storica». Due i punti cruciali. Il primo: «L’esercizio commerciale gestito dalla ricorrente è posto “anche” al servizio della residenza». Il secondo: va ritenuto «indicativo e non tassativo» l’elenco delle attività che possono avere il plateatico e cioè «vendita fiori, ortofrutta, ittico, macelleria, ferramenta, casalinghi, colori, librai e tutte le attività di somministrazione alimenti e bevande». Per i giudici sarebbe «illogico e foriero di vistose disparità di trattamento» il divieto di proporre sugli espositori esterni vini e confetture, ma non carne e pesce «di facile deperibilità» come invece viene consentito agli altri esercenti di vicinato. Di conseguenza il provvedimento è stato annullato e il Comune è stato pure condannato a pagare duemila euro per le spese di lite.
Angela Pederiva
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Ultimo aggiornamento: 9 Giugno, 10:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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