Scandalo di Padova, Salvini accusa «Colpa del Pd, è il mandante politico»

Sabato 1 Settembre 2018 di Angela Pederiva
Matteo Salvini in visita alla Questura di Venezia
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VENEZIA - Sarà la magistratura ad accertare i reati, ed eventualmente a identificarne gli autori, nella gestione dei migranti nel Padovano. Ma all'indomani della visita in Veneto, con annesso comizio proprio in quella provincia, ieri il ministro Matteo Salvini ha invitato a individuare anche «i mandanti politici» dello scandalo che vede sotto inchiesta funzionari pubblici e cooperanti privati, puntando il dito contro «il governo di centrosinistra». Una sentenza, quella del titolare dell'Interno, che ha scatenato una nuova bufera, nel giorno in cui era già scoppiata la polemica per l'intercettazione di una telefonata in cui l'ex prefetto Patrizia Impresa, dialogando con l'allora vicario (e ora indagato) Pasquale Aversa, il 14 aprile dello scorso anno disse: «È vero che ne abbiamo fatte di porcherie, però quando le potevamo fare».

LE PAROLE. Le dichiarazioni di Salvini vanno inquadrate nella cornice dell'inchiesta condotta dalla procura di Padova, che a vario titolo contesta fra l'altro la frode nelle forniture pubbliche, la turbativa d'asta e la concussione per induzione nei confronti di sette inquisiti, tra cui i vertici della cooperativa Edeco. Ma quelle stesse parole vanno anche lette in connessione con l'emergenza scoppiata fin dal 2014, trasformando un Veneto particolarmente riottoso all'accoglienza dei richiedenti asilo in una polveriera, soprattutto nel distretto del profugo racchiuso fra Bagnoli, Cona e Agna: lo scontro parlamentare tra il Pd che guidava la maggioranza e la Lega che stava all'opposizione, le proteste di tanti sindaci contro le quote ripartite dal Viminale e l'irritazione dei pochi Comuni costretti a sobbarcarsi il peso di tutti, le manifestazioni degli ospiti e i contro-cortei dei residenti, i bandi delle prefetture e i ricorsi delle coop, le ispezioni e i drammi. «Il governo di centrosinistra negava l'emergenza sbarchi ha affermato Salvini ma poi scaricava il problema sui prefetti e li costringeva a spostare i clandestini da un Comune all'altro, come nel gioco delle tre carte, per non irritare sindaci del Pd, ministri in visita o presidenti Anci del Pd. È il quadro vergognoso che emerge dall'inchiesta di Padova. Io, invece, voglio bloccare gli sbarchi e mi prendo tutte le responsabilità delle mie scelte. Se qualche funzionario ha sbagliato è giusto che paghi. Stiamo lavorando per svuotare i centri del Padovano. Questa inchiesta dimostra che l'immigrazione fuori controllo arricchisce pochi furbi e danneggia milioni di italiani. Ma chi sono i mandanti politici di tutto questo?». 

LE REAZIONI. Salvini si è già dato la risposta. I suoi predecessori chiamati in causa, Angelino Alfano e Marco Minniti, non hanno replicato. Il dem Antonio Decaro, leader nazionale dei sindaci, ha invece espresso amarezza per quelle accuse: «Offendono l'impegno che l'associazione dei Comuni ha messo negli ultimi anni per aiutare le prefetture nella difficile gestione dell'accoglienza dei migranti. Perseguendo un unico principio: una distribuzione più omogenea possibile del flusso migratorio nell'interesse delle comunità ospitanti, cioè dei cittadini non degli amministratori. Lavorando, quindi, per un'integrazione possibile che allontanasse il rischio di tensioni sociali». A nome del Partito Democratico ha parlato Franco Mirabelli, vicecapogruppo al Senato: «Capiamo la smania e l'urgenza di tenere sotto traccia l'inchiesta sui 49 milioni che la Lega, il partito di Salvini, ha fatto sparire e si cui dovrà rendere conto. Quindi è ovvio che il ministro degli Interni cerchi di alzare polveroni mediatici per parlare di altro. Ma per fare questo non può offendere il Pd in maniera gratuita e bugiarda, continuando ad esasperare un tema quello dell'immigrazione che andrebbe affrontato in maniera molto diversa e non strumentale. C'è la magistratura che fa il suo lavoro. Lo farà per l'inchiesta in Veneto e lo farà per i 49 milioni spariti. Noi per la prima non abbiamo nulla da temere, lui si prepari a rispondere sulla seconda». 

IL VIMINALE. Ma a tenere banco è anche il caso intercettazioni, che sarebbe «sotto la lente d'ingrandimento» del Viminale, con evidente riferimento alla posizione del prefetto Impresa, attualmente in Emilia Romagna proprio su nomina di Salvini, che in queste ore si dice «amareggiata» e parla di «malinteso» alludendo a sua volta alle tensioni gestionali vissute negli anni dell'emergenza. «Chiediamo che il ministro proceda immediatamente alla rimozione del prefetto Impresa e individui la persona più adeguata a reggere la prefettura di Bologna al fine di risolvere il problema dell'accoglienza indiscriminata che sino ad oggi è stata perseguita dai partiti di sinistra», ha detto il deputato forzista Galeazzo Bignami, definendo «desolante» lo scenario che emerge dall'indagine padovana. Invece il senatore centrista Pier Ferdinando Casini, definendola persona «trasparente e corretta», ha difeso la rappresentante territoriale del Governo: «Il ministro Salvini ha recentemente nominato Patrizia Impresa come prefetto di Bologna. Ha scelto una servitrice dello Stato di prima categoria e non possono certo essere stralci di intercettazioni decontestualizzate a farci cambiare idea». Sulla stessa posizione anche Virginio Merola, sindaco del capoluogo emiliano ed esponente del Pd: «Mi chiederei perché non ha fatto mai scandalo che i sindaci leghisti non hanno mai risposto alle richieste dei prefetti». 
 
Ultimo aggiornamento: 09:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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