MESTRE - “Gent.mo Sindaco Luigi Brugnaro, scrivo a Lei non solo come Sindaco, ma anche e soprattutto come cittadino, uomo e padre. In questo io e Lei siamo simili, e quindi magari potremmo capirci. Se Suo figlio Le chiedesse come mai un tizio sta cercando una vena sulla testa al suo compare, per potergli iniettare una dose di droga, avrebbe difficoltà a rispondere?”. Un post in Facebook, come un messaggio inserito in una bottiglia gettata nel mare.
IL SACCHETTO
L’altro pomeriggio. I genitori erano al bar della piazzetta di via Piave per la bicchierata di un compleanno. I bambini stavano giocando nell’area pedonale tra la chiesa e il patronato. Passa qualcuno e, all’improvviso, appeso alla grondaia della parrocchia, ad un metro e 70 di altezza, compare quel sacchetto. I bambini, incuriositi, si avvicinano, guardano e, grazie al nylon semitrasparente, scoprono che lì dentro ci sono siringhe e fiale. Per fortuna sono della zona e sanno di non dover toccare nulla, chiamano i genitori - tra cui G.G., di professione formatore - e anche loro scoprono l’ennesima “sorpresa” ideata dagli spacciatori in un posto che - come conferma il parroco don Marco Scaggiante, «è ancora popolato di tossicodipendenti».
«È la prima volta che ci troviamo di fronte ad una cosa simile - racconta il genitore - ma lì in passato avevamo già trovato rotoli di carta stagnola... Ovviamente abbiamo chiamato la polizia e la polizia locale per segnalare quel sacchetto». Pochi giorni prima, passando a piedi in via Premuda, la famiglia aveva assistito alla scena straziante di due ragazzi che si cercavano le vene sulla testa. E così, mentre anche ieri mattina sono state segnalate siringhe abbandonate a pochi metri dalle giostrine di piazzale Bainsizza, G.G. ha deciso di lanciare il suo appello al sindaco.
IL POST
“Gent.mo Luigi Brugnaro - scrive il genitore -, sono arrivato qui in via Piave tre anni prima del Suo insediamento, e da allora ho vissuto i suoi negozi, le sue scuole, le sue vie. Qui ho comprato casa e messo su famiglia. Quello che vede in foto è un sacchetto contenente fiale e siringhe. L’ho trovato perché mio figlio e dei suoi amici ci stavano giocando vicino. Non è nuovo, mio figlio, ad accorgersi di queste cose. Del resto... non può farne a meno. Compie dieci anni tra qualche giorno, ma nella sua giovane vita ha già assistito a risse e pestaggi, scambi di droga, prostituzione, e ha già visto più di qualche persona che si bucava. E non perché giriamo la sera tarda, sia chiaro, ma in orari in cui esce da scuola il pomeriggio,tra le 16.15 e le 20. Se Suo figlio Le dicesse che non vuole fare gli ultimi 50 metri per andare a scuola da solo, la mattina, perché ha paura “di quelli che si drogano o picchiano”, avrebbe difficoltà a confortarlo? Io, onestamente le dico: sí».
CAMBIARE STRADA
G.G. non nega di avere idee politiche diverse da quelle del primo cittadino («Io penso che le prime vittime di questa situazione siano quei ragazzi che si bucano in strada, poi penso a mio figlio» spiega il genitore), e prosegue rivolgendosi a Brugnaro: «Le scrivo, senza alcuna polemica né velleità di creare uno scontro politico. Le scrivo perché non si può più continuare in questi termini. È ora di avere il coraggio di dire che si è fallito, e di cambiare strada. Il pugno duro, i militari per strada, la tolleranza zero, l’aumento delle forze dell’ordine... hanno fallito. Vuole la prova? Quella foto è stata scattata a 10 metri in linea d’aria con due pattuglie di Carabinieri, ferme sul piazzale della chiesa. Non si può far finta che non sia così. È ora di ascoltare gli operatori di strada, di far tesoro di quanto fatto negli anni precedenti, delle esperienze di altre città a riguardo. Glielo scrivo, ripeto, con il cuore e non con la testa: basta. Non ho altre spiegazioni per mio figlio, e non so più come difenderlo».