Pantalon De' Bisognosi, l'anziano burbero che insidiava le cortigiane

Lunedì 27 Febbraio 2017 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli
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Anziano, naso adunco, barbetta da capra, berretto alla greca, babbucce alla turca con la punta sollevata, abito rosso e zimarra nera; parsimonioso fino all'avarizia, tenero con segnali evidenti di libidine senile nei confronti delle servette di turno, severo ma alla fine comprensivo, Pantalone – Pantalon de' Bisognosi – è una delle maschere veneziane della Commedia dell'Arte più longeve e connotate.

Nasce così come lo conosciamo proprio a Venezia nella metà del Cinquecento, acquisendo un nome allora molto diffuso fra i maschi delle grandi famiglie mercantili – San Pantaleone era un santo molto importante, allora – e veste come loro (basta guardare un dipinto di Giovanni Bellini, Paolo Veronese o Vittore Carpaccio per rendersene conto) ma in realtà le sue origini corrono ancora più indietro nel tempo, quando sotto il nome di “Magnifico” si esibiva nelle piazze e nei campielli accanto a uno o più Zanni, i suoi servitori: se Pantalone è il padrone che parla in veneziano, lo Zanni (spesso Arlecchino) si esprime invece in un dialetto tutto suo, perché arriva da fuori Venezia.

Pantalone attraversa i secoli dando avvio alla sua genesi nelle vesti di un vecchio avaro con un carattere irascibile che sfocia nella violenza, e in fondo burbero lo rimarrà sempre. Insidia inizialmentele giovani innamorate e le cortigiane, per poi passare con più frequenza alle servette della Commedia, che in genere approfittano dell'infatuazione dell'anziano padrone per farsi gioco di lui. Goldoni lo fa diventare Pantalon de' Bisognosi, ma poi gli imprime una metamorfosi teatrale moderna che gli fa perdere la maschera e lo trasforma nel padre burbero e avaro de “I Rusteghi” e del “Sior Todero Brontolon”.

Rispetto alle origini pienamente rinascimentali della maschera, e a testimonianza del fatto che la Commedia dell'Arte varcava facilmente i confini tra gli stati dell'Europa antica, esiste un curioso affresco del pittore Alessandro Scalzi (conosciuto come “il Paduano”, sebbene fosse nato a Firenze) realizzato per la cosiddetta “Narrentreppe” - la Scala dei Buffoni – del castello Trausnitz a Landshut, in Baviera: si tratta della rappresentazione di una “compagnia all’improvviso italiana” che si era esibita in quei luoghi attorno al 1570, e mostra vari personaggi – Zanni, la Cortigiana e appunto Pantalone – mentre si affacciano da porte e finestre; Mentre si sale si incontra Pantalone che saluta con la mano uscendo da una porta, che suona un mandolino accompagnato da uno Zanni, che sale la scala stessa a cavalcioni di un asinello.

Il nome della maschera, secondo alcuni, deriverebbe dal nomignolo che era stato affibbiato ai veneziani, che portando ovunque con loro il vessillo di San Marco erano diventati i “pianta leoni” (e in effetti erano per esempio appellati come “pantaloni” in Francia, però per l'uso di quella braga corta appena sotto il ginocchio che la maschera veste, così come facevano allora gli abitanti della città). Una versione diversa – forse più veritiera – espressa dal pittore settecentesco Giovanni Grewembroch, fa invece risalire l’origine del nome dal greco “panda leonda” che significa “potente in tutte le cose”. San Pantaleone infatti – Panteleimon – era nativo di Nicomedia, nell'Anatolia greca.
(Illustrazione di Matteo Bergamelli)
Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 10:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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