Titta Gianquinto, i mille soprannomi del primo sindaco avvocato

Lunedì 11 Dicembre 2017
Illustrazione di Matteo Bergamelli
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Titta, Giobatta, perfino “Leone di San Marx”. Pochi chiamavano Giovanni Battista Gianquinto col suo nome per intero. E forse nemmeno tutti assieme, i suoi nomignoli, riuscirono a circoscrivere per intero la figura del primo sindaco di Venezia eletto nel dopoguerra: avvocato, antifascista, partigiano, deputato, senatore, repubblicano prima e comunista poi, primo cittadino nella maniera più semplice e spontanea che la città ricordi. Eppure, come spesso accade a molti veneziani, il “sindaco galantuomo” a Venezia non era nemmeno nato (era siciliano, nato a Trapani nel febbraio 1905, e dopo la laurea in giurisprudenza a Padova – conseguita nel 1928 – in laguna si era sposato e ci si era trasferito).

Attivista repubblicano, Gianquinto fu arrestato nel 1928 con un gruppo di suoi compagni antifascisti per aver stampato e diffuso clandestinamente il foglio “Non mollare”, mutuato dalla rivista pubblicata tre anni prima da Gaetano Salvemini, i fratelli Nello e Carlo Rosselli, Ernesto Rossi, Nello Traquandi: “Volete che sparisca la stampa clandestina? Allora rispettate la libertà di stampa”, scriveva provocatoriamente il giornale, che non nominava nemmeno Mussolini indicandolo come “quello di Predappio”.

Processato dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato, Gianquinto fu condannato nel 1929 a 5 anni di carcere (malgrado fosse già allora uno degli avvocati di maggior prestigio tra i penalisti veneziani, o forse proprio per quello); una volta tornato in libertà, aderì al Partito comunista e divenne uno dei dirigenti dell’organizzazione clandestina veneziana della Resistenza. Membro del Comitato di Liberazione Nazionale di Venezia dopo l’armistizio, fu nominato vicesindaco della città dallo stesso CLN nella giunta di Giovanni Ponti e fu eletto sindaco alla tornata successiva, la prima vera elezione del dopoguerra, amministrandola dal 1946 al 1951, e successivamente come assessore e consigliere comunale fino al 1975, ricoprendo all'interno del PCI anche incarichi legislativi e istituzionali, come deputato e come senatore, per alcune legislature.
“Fino all' ultimo – ne scrisse sul necrologio per “Repubblica” il giornalista veneziano Roberto Bianchin – aveva continuato a esercitare anche la sua professione di avvocato. Il feltro nero in testa, il naso arcuato come un becco, la voce profonda, a Titta Gianquinto del politico di mestiere mancavano l'arroganza, la furberia, l'adattabilità ai compromessi, la retorica”.
Un personaggio spontaneo fin quasi all'eccesso, che sapeva ascoltare e parlare al momento giusto, molto amato dai giovani e stimato – se non addirittura amato – anche da persone con tendenze politiche diversissime. Emblematico rimase, verso la fine del suo mandato, l'intervento che fece in piazza a Mestre davanti agli operai dei Cantieri Breda in rivolta: era il marzo del 1950, la polizia sparò sui lavoratori in sciopero di fronte al cantiere navale di Porto Marghera.
Erano in agitazione perché non ricevevano lo stipendio da mesi e nonostante i numerosi solleciti alle autorità, in quelle molte settimane non era stato fatto nulla. Giobatta Gianquinto si era mosso fin dal primo momento in loro favore (peraltro con l'appoggio di tutta la cittadinanza) e quel giorno – dopo i gravi disordini – corse dagli operai per evitare scontri ancora più sanguinosi: “Si capisce, per Mestre era già corsa la voce: c'erano i feriti all'ospedale – raccontò poi lo stesso Gianquinto in una testimonianza raccolta in “Breda, marzo1950”, quaderno dell'Associazione “storiAmestre” a cura di Mirella Vedovetto – una fiumana immensa di operai era in gioco: guai averla lasciata sola; guai aver lasciato questa massa in contatto con la polizia in quel momento. Guai. Siamo a Mestre. In piazza bisognava parlare, bisognava che io fossi l'interprete dei loro sentimenti, e che chiarificassi loro i loro stessi sentimenti. E ho parlato”.
Fino a che gli fu possibile, a ottant'anni suonati, non rinunciò a pilotare i suoi amati aeroplani. Morì per un tumore all'ospedale al Mare del Lido, dove viveva, il 21 aprile 1987. Aveva 82 anni.

 
Ultimo aggiornamento: 12 Dicembre, 10:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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