Stravinskij, Roncalli e il concerto a San Marco

Lunedì 7 Agosto 2017 di Alberto Toso Fei
Stravinskij (illustrazione di Matteo Bergamelli)
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Prima di ogni concerto Igor Stravinskij si mangiava un bell'uovo sodo. Se questo abbia qualcosa a che fare col genio compositivo dell'artista russo naturalizzato francese e in seguito statunitense (ma veneziano nel cuore) non è dato sapere; di sicuro nella mente di un musicista che iniziò la carriera con la rivoluzione musicale dei Balletti Russi e la terminò con la musica dodecafonica, un senso doveva esserci.

Così come nel suo profondo rapporto con Venezia, città in cui risiedette a lungo e diresse opere e concerti al Teatro La Fenice (dove fece debuttare la sua opera The Rake's Progress'') almeno dal 1932 al 1960, con esecuzioni anche a Palazzo Ducale e in Basilica di San Marco.

Eppure pur avendo vissuto a contatto con la musica sin da piccolo (il padre era un basso del Teatro Mariinskij di Oranienbaum, sua città natale) Stravinskij si avvicinò alla composizione solo a vent'anni, nel 1902, quando iniziò a tralasciare gli studi di giurisprudenza per mettersi sotto la guida di Nikolaj Rimskij-Korsakov, allora il più grande compositore russo vivente, che lo guidò fino alla propria morte, avvenuta nel 1908.

A quel punto il giovane Stravinskij era pronto per spiccare il volo: raggiunse Parigi e grazie all'impresario Serghei Diaghilev anima dei Balletti Russi, che ne aveva notato la musica proprio al funerale di Korsakov presentò L'Uccello di Fuoco, che mandò in visibilio il pubblico e preluse a una nuova era musicale.

Alla prima opera seguirono Petruka e La sagra della primavera, che rivoluzionarono il balletto. Come lui stesso disse, la sua intenzione era di mandare il pubblico a quel paese. Ci riuscì: la première della Sagra, nel 1913, si trasformò in una sommossa.

La sua produzione fu incredibilmente eterogenea: impiegò stili diversi e si cimentò in ogni genere musicale, incorporando nelle sue composizioni culture e tradizioni tra loro lontane, nel tempo e nello spazio. Curiosamente, Stravinskij fu anche uno dei pochi compositori che usava il pennino a cinque punte per scrivere le righe del pentagramma.

Dall'esperienza parigina nacquero altre collaborazioni, con Picasso, Jean Cocteau, George Balanchine, fino al trasferimento negli Stati Uniti, nel 1945, dove risiedette fino alla morte.

Ma fu Venezia, più di ogni altra città, a celebrarne le composizioni, soprattutto quelle di carattere religioso.
Nel 1956 Stravinskij convinse il Patriarca Angelo Roncalli, futuro Giovanni XXIII, ad aprire la Basilica di San Marco alla musica orchestrale. Fu un successo enorme.

La stessa Piazza San Marco, grazie all'installazione di alcuni altoparlanti, si trasformò in una gigantesca sala da concerto. Igor Stravinskij morì nel suo appartamento di New York, il 6 aprile 1971, all'età di 88 anni, per una insufficienza cardiaca.

Seguendo le sue volontà, il 15 aprile successivo i suoi funerali si tennero a San Zanipolo e fu sepolto nel settore ortodosso dell'Isola di San Michele, a pochi passi dal suo amico Diaghilev.
Accanto a lui, ancora oggi, riposa l'amata moglie Vera de Bosset, vero amore della sua vita, sposata in seconde nozze dopo la morte della cugina Katerina Nossenko, nel 1939, che gli aveva dato quattro figli.
Ultimo aggiornamento: 8 Agosto, 10:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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