Allontanato anche dalla sua Londra il pittore cacciato da piazza S.Marco

Sabato 1 Settembre 2018 di Tomaso Borzomì
VENEZIA Ken Howard, il pittore allontanato da piazza San Marco
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VENEZIA «Perché?» Ken Howard, il pittore allontanato da piazza San Marco mentre stava dipingendo non non ha ancora capito perchè, sabato scorso, in una giornata di pioggia più inglese che veneziana, i vigili gli abbiamo chiesto di chiudere tavolozza e cavalletto e di andarsene. Per carità, lui non fa drammi nè la vittima, mantiene un aplomb british, malgrado il can can sui social sollevato dalla sua vicenda. «Dipingo Venezia dal 1958 - racconta - alla gente piace vedere i pittori in azione e poi, che male facciamo? Mica è un business, io i quadri li vendo all’estero, nella galleria londinese di Portland. Ma ho la necessità di dipingere». 

LA CARRIERA
Davanti a un piatto di insalata, in compagnia della moglie friulana Dora, Ken a casa sua è disponibile e invita a fare domande: gli piace dialogare. Nella sua vita ha conosciuto e ritratto la Regina Elisabetta e Principe Carlo, che è andato a visitarlo per condividere con lui la passione della pittura nel suo studio di Chelsea, a Londra, ma anche Eric Clapton (suo cliente abituale) e Ron Wood, star della musica mondiale. Eppure il suo talento indiscusso, riconosciuto in tutto il mondo, per una volta è stato allontanato da quella città che lui ama e definisce «la mia amante, perché mia moglie resta Londra». 
Un episodio sfortunato, che non è la prima volta che accade: «Qualche anno fa - ricorda sornione sorridendo - mi trovavo nella City e sono stato allontanato anche a Londra, è successo il putiferio». Del resto lui, insignito del titolo di Order of British Empire (una delle onorificenze più importanti del Regno Unito), è molto conosciuto e apprezzato. 
«VENEZIA, LA MIA CITTA’»
E amata da Ken è Venezia: «Ho scelto questa città perché ha una luce unica, particolare, specialmente a novembre, con l’acqua alta. E poi, da ovunque ci si giri a 360 gradi c’è un soggetto unico da ritrarre, quindi, senza auto, si può anche sentire la gente parlare». Gli 86 anni (a dicembre) non lo fermano, ogni giorno è inarrestabile e deve dipingere: «Una volta lo facevo per dodici ore, ma oggi mi limito a otto, va bene così. Sa, con l’età si sente meno, si vede meno, ma quando si ha un linguaggio, si comunica lo stesso. E io ho il mio». Dora che fa la fotografa, da geometra si è trovata modella a sua insaputa, diventando la sua terza moglie: «Spero sia l’ultima, ma non si sa mai», commenta Ken. E il caso vuole che si siano conosciuti proprio grazie alla pittura, dato che l’ha dipinta finché mangiava un panino su un pozzo.
LA FILOSOFIA 
Il tipico humour inglese non lo abbandona, ma il geniale artista sa anche regalare perle di saggezza con una disarmante semplicità. La chiave di lettura per capire cosa sia per lui un artista è facile: «Beckham è un ottimo giocatore, Lady Gaga canta bene, ma l’artista è un’altra cosa. È una parola usata oltremodo, non tutti lo sono. Per me artista è colui che ha una visione e un insieme di talento e fortuna, cioè esser capaci, ma trovarsi anche nel posto giusto al momento giusto. Anche se la scorsa settimana forse non sono stato tanto fortunato». Quindi Ken sfodera un’altra definizione: «I pittori devono sentirsi come vecchi strumenti musicali, spendendo la loro vita alla ricerca di una modulazione per mettere a tono le bellezze della natura». Uno sguardo va anche al passato: «Sono arrivato in Italia con una borsa di studi piuttosto ricca, ho conosciuto Morandi e mi aveva chiesto 50 sterline per un suo quadro, purtroppo non li avevo, ora vale milioni». 
Mentre il primo quadro venduto da lui era: «Una veduta di Aberdeen, mi piace molto la Scozia. L’ho venduto per due Guinness, ora vale circa 10mila sterline». 
LA SOLIDARIETA’
Per quanto riguarda la politica, Ken si dice pragmatico, il ministro Bonisoli ha affermato ieri la sua solidarietà, il sindaco si è detto disponibile a incontrarlo e un senatore ha chiamato a casa: «A me interessano solo i fatti, non le parole». Però, se si trovasse davanti al sindaco, qualcosa gliela vorrebbe dire: «Un pittore dovrebbe esser libero di lavorare ovunque, perché è la pittura che chiama il pittore e non viceversa». Quindi si arriva al momento dei saluti e anche in questo caso non poteva mancare la pittura: «Beh, speriamo che piova, devo finire un quadro a San Giovanni e Paolo, vedi, qui c’è il riflesso di Colleoni, che dopo vorrei andare a dipingere». 
UN ALTRO CASO
Nel frattempo, è di ieri il caso di un’altra pittrice, Daisy, che è stata mandata via dal ponte dell’Accademia finché dipingeva. «Vogliamo sapere cosa si può fare per avere i permessi e poter dipingere in pace», conclude Dora. 
Tomaso Borzomì
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Ultimo aggiornamento: 2 Settembre, 11:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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