Paziente minaccia l'infermiera al Pronto soccorso: «Ti do fuoco»

Sabato 20 Maggio 2023 di Teresa Infanti
PORTOGRUARO L'ingresso del pronto soccorso dove è avvenuta l'aggressione

PORTOGRUARO - «Ora basta! Va trovata una soluzione per fermare le continue aggressioni che subiamo». A lanciare il grido d’aiuto è un’infermiera del Pronto soccorso di Portogruaro, che vanta un’esperienza di circa vent’anni all’Unità operativa dedicata ai casi di emergenza-urgenza dell’ospedale portogruarese San Tommaso dei Battuti.

L’episodio che l’ha convinta a denunciare le continue aggressioni, sia verbali che fisiche, da parte di pazienti, soprattutto quelli che accedono al Pronto soccorso per casi non gravi, o dei familiari angosciati per la sorte dei loro cari, risale a pochissimi giorni fa, quando la donna è stata addirittura minacciata di essere data alle fiamme.


L’INTIMIDAZIONE
Un’intimidazione che l’ha letteralmente sconvolta e lasciata ancora oggi sotto choc. «Anni fa c’era molto più rispetto nei nostri confronti: eravamo visti come degli angeli. Ora le persone ci considerano tutti degli incompetenti. Dopo tanti anni di servizio e tante esperienze alle spalle, mi trovo con grande delusione e sconforto – ha detto l’infermiera – a denunciare che anche nei piccoli Pronto soccorso, come quello di Portogruaro, accadono episodi di violenza a danni di noi sanitari. Ci troviamo ad affrontare quotidianamente – ha proseguito - eventi che vanno dalle offese alle minacce di morte, fino a sfociare in aggressione fisica. La nostra mission è quella di assistere, ascoltare e gestire situazioni di emergenza con alto impatto emotivo ma oggi chi, per passione, decide di intraprendere questa professione sanitaria sembra debba per forza sopportare eventi denigranti. Nonostante ci siano spesso notizie di questo tenore nei mass media e siano state realizzate campagna di sensibilizzazione verso la popolazione, noi operatori non ci sentiamo ancora protetti. Purtroppo per carenza di personale, anche tra le Forze dell’Ordine non sempre disponibili per un intervento tempestivo in situazioni limite, e per una non adeguata sicurezza strutturale, le persone di cui non conosciamo ne l’identità ne le intenzioni accedono liberamente nei luoghi di cura, ostacolando il nostro già difficile operato. Malgrado le denunce e le segnalazioni all’interno dell’azienda – ha aggiunto la professionista - ad oggi non esiste ancora una risposta».
La necessità di limitare gli accessi dei cosiddetti “codici bianchi”, che durante la pandemia erano pressoché scomparsi, è nota da tempo. La rete sanitaria territoriale resta però carente e le persone continuano a rivolgersi ai Pronto Soccorso. Per avere più sicurezza in queste Unità, a livello nazionale c’è chi ha invocato anche la presenza dei militari. In una piccola realtà come quella di Portogruaro, prima della pandemia, erano presenti dei volontari, legati alla Croce Rossa Italiana, che venivano impiegati come assistenti di sala. Senza personale aggiuntivo che faccia da filtro un’alternativa possibile potrebbe essere quella di intervenire a livello strutturale, introducendo dei badge per entrare all’interno degli ambulatori in cui vengono presi in carico i pazienti. «Ci possono stare dei momenti in cui si perde la pazienza ma la violenza verbale che ho subito ha davvero superato ogni limite. Ciononostante - ha concluso l’operatrice del Pronto soccorso - io credo in quello che faccio, ci metto il cuore e l’anima per agire in modo corretto e per aiutare il prossimo: voglio continuare a prestare il mio servizio in ospedale».
 

Ultimo aggiornamento: 17:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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