Addio Gastone, l’ultimo partigiano
della "Beffa del Goldoni" nel '45

Lunedì 17 Ottobre 2016 di Cettor Maria Corsetti
Mario Leo Osetta, ultimo in piedi a destra
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VENEZIA - A pochi mesi dalla scomparsa di Mario "Leo" Osetta, il compagno di lotta col quale trasportò in barca e nascose le armi in una casa di San Tomà, se ne è andato a 87 anni anche Delfino "Gastone" Pedrali, l'ultimo e il più giovane partigiano della "Beffa del Goldoni". Ad annunciarlo ieri a Venezia è stato il figlio Marino. Con la precisazione che l'ex componente della brigata garibaldina Francesco Biancotto (allora appena diciassettenne) «si è spento come una candela, chiedendo che intorno alla sua dipartita si facesse il minor clamore possibile. Come del resto era suo costume, in quanto persona famosa in città non solo per i suoi trascorsi, ma per la sua riservatezza».
Nel 2013 gli era venuta a mancare Giovanna, l'amatissima Nina per 63 anni sua compagna di vita: «Da questa perdita non si era più ripreso, e negli ultimi tempi si lasciava vivere - continua il figlio - Delle sue esperienze come partigiano parlava poco. Anzi, quando possibile evitava qualsivoglia approfondimento in materia, spiegando che lui si era limitato a fare quanto c'era da fare. Punto e basta».

Un "duro" anche nel dopoguerra, Delfino Pedrali. Iscritto al Partito comunista fino alla mai accettata svolta di Achille Occhetto. E poi personaggio di riferimento dell'Anpi, oltre che sindacalista della Cgil a Cà Foscari, dove organizzò il primo ufficio stampa e lavorò ininterrottamente fino alla pensione. «Caratterialmente, favoritismi in quanto ex partigiano non li avrebbe mai tollerati - sottolinea Marino - Anzi, rifiutò persino di inoltrare la domanda per godere dell'aumento pensionistico consentito dalla semplice menzione di questa esperienza di vita».

La notte del 12 marzo 1945, quando il commando della brigata Biancotto piombò a volti coperti e armi in pugno all'interno del Teatro Carlo Goldoni durante la rappresentazione di "Vestire gli ignudi" di Luigi Pirandello, Pedrali ebbe l'incarico di posizionarsi per sicurezza dietro le quinte, mentre dal palco i suoi compagni lanciavano volantini e annunciavano al pubblico (composto anche da ufficiali tedeschi e da fascisti repubblicani) che la liberazione del Nord Italia era ormai questione di poche settimane (concludendo il tutto con un educatissimo, e date le circostanze ancora più pirandelliano, «Signore e signori, buonasera»). Questa brillante azione dimostrativa della Resistenza veneziana, ideata da Giuseppe "Marco" Turcato con la collaborazione di Franco "Kim" Arcalli e Ivone "Cesco" Chinello, fu elogiata da Radio Londra e considerata anche dagli avversari «militarmente perfetta» (in primis, dal comandante di piazza tedesco, che in privato si lasciò sfuggire un commento decisamente lusinghiero).

«Gli andò doppiamente bene - commenta Marino - perché dietro il palcoscenico alla bella prima attrice della compagnia venne la tremarella e gli svenne tra le braccia. Poi, ad azione conclusa e insieme a Mario Osetta, trasportò in barca a remi e nascose le armi di tutto il gruppo in una casa di San Tomà. Nessuno dei componenti fu mai scoperto. D'altro canto, il suo ruolo di partigiano combattente riuscì a tenerlo nascosto anche ai genitori fino alla Liberazione». Ancora da decidere la data dei funerali dell'ultimo della "Beffa del Goldoni" al cimitero di San Michele. «Con rito civile: papà non era credente», conclude il figlio.
Ultimo aggiornamento: 13:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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