Catturato dopo 18 anni di latitanza: tradito dal veglione di Capodanno

Mercoledì 2 Gennaio 2019 di Monica Andolfatto
Catturato dopo 18 anni di latitanza: tradito dal veglione di Capodanno
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Gli occhi non cambiano. Anche dopo 18 anni vissuti in latitanza. Uno sguardo inconfondibile quello di Claudio D'Este, classe 1946, di un colore blu intenso. Ci ha provato, eccome, ma senza successo a negare di essere uno dei fuggiaschi più ricercati dalla Squadra Mobile di Venezia: lui, sodale di Felice Maniero, componente di spicco della cosiddetta banda dei mestrini che aveva egemonizzato lo spaccio in città al tempo in cui la Mala del Brenta aveva toccato il suo apice.

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È stato catturato nel tardo pomeriggio di San Silvestro, a Zagabria, mentre usciva da casa, tradito dal veglione. O meglio dai familiari che da Mestre sono partiti per raggiungerlo nella capitale croata e trascorrere con lui le feste di fine anno. Parenti che da mesi erano monitorati dagli investigatori della Mobile, in particolare da quelli della IV Sezione, che non hanno mai smesso di dargli caccia. Con determinazione e  con costanza. Alla fine quella che era diventata una sorta di sfida l'hanno vinta loro, insieme ai colleghi del Servizio centrale operativo di Roma. Le manette ai polsi di D'Este, detto il Moro, le hanno strette gli agenti della polizia croata, allertati dalla Mobile lagunare non appena si è avuta la certezza della sua individuazione.
SECONDA VITAUna nuova esistenza, una nuova attività, nuovi affetti: e nuove generalità, le stesse stampate nei documenti esibiti per dire che lui non era Claudio D'Este. Ma gli occhi non mentono. Anche dietro gli occhiali. E il confronto delle impronte digitali è stata una conferma quasi superflua. Deve scontare 10 anni, tre mesi e 16 giorni di reclusione per droga. È stato arrestato con il coordinamento della Distrettuale di Trieste diretta dal procuratore Carlo Mastelloni, in quanto destinatario di un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti e di un contestuale mandato di cattura europeo emesso lo scorso 13 dicembre in base a circostanziate risultanze investigative. Mestrino doc, di Zelarino, aveva 54 anni quando è sparito: correva l'anno 1999, il mese di aprile ed era uscito dal carcere di Padova grazie ai benefici dell'indulto e della liberazione anticipata dopo aver saldato una minima parte del conto - consistente - da pagare alla giustizia italiana. Sapeva che di lì a poco - e cioè l'anno dopo - le varie condanne accumulate in particolare per traffico di stupefacenti sarebbero diventate definitive e lui dietro le sbarre non voleva tornarci.
CURRICULUMLa prima volta fu nel 1976 per detenzione e porto abusivo di armi. Poi il salto di qualità alle dipendenze dirette Felicetto, nella banda appunto dei mestrini con criminali del calibro di Giovanni Paggiarin, Gilberto Boatto, Giovanni Battista Licata e Oscar Giallombardo. Cocaina ed eroina: dal 1981 al 1989 si era dedicato al commercio dello sballo per conto dell'organizzazione, specializzandosi nel business transfrontaliero con la vicina ex Jugoslavia. Per reati consumati in quel periodo fu incarcerato nel 1991 ritornando in libertà dopo sei mesi, ricominciando a fare quello che aveva sempre fatto. E trascorrendo lunghi periodi fra Cittanova, Umago e Zagabria con una propensione alla gestione della sale da gioco, utilizzate anche per ripulire il denaro sporco e facile dello smercio di droga. 
BISCHENon a caso fra le ipotesi in piedi ci sarebbe anche quella in Croazia, abbia diretto uno o più casinò.

Come si sia mantenuto e che rapporti abbia tessuto dal 1999 in qua saranno alcuni degli aspetti da chiarire, quando D'Este verrà estradato su specifica richiesta delle nostre autorità giudiziarie. D'Este, da quanto emerso, non è mai stato coinvolto in episodi di sangue. Al contrario di alcuni suoi sodali giudicati pure per essere stati esecutori materiali di diversi omicidi. Non sarebbe mai stato un violento: era considerato alla stregua di un ragioniere che doveva tirare le fila da una parte del giro internazionale di droga e dall'altra dei soldi lavati nelle bische clandestine. Lo stesso Maniero nel 1995, all'indomani del pentimento che seguì l'inizio della fine della sua mafia del Brenta, l'ha sempre indicato come responsabile di locali in cui si praticava il gioco d'azzardo, il più famoso dei quali al tempo era il Luca's in via Einaudi a Mestre.

Ultimo aggiornamento: 11:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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