La Chiesa veneziana scrive a Zaia: «Fermi quell'inceneritore a Marghera»

Mercoledì 21 Febbraio 2024 di Elisio Trevisan
Un rendering del progetto di Eni Rewind

MESTRE - Anche la Chiesa veneziana si schiera contro l’inceneritore di rifiuti che Eni vuole costruire a Porto Marghera. Interviene, con una lettera, don Gianni Fazzini, consulente per la Pastorale degli Stili di vita del Patriarcato di Venezia, più volte parroco a Campalto, Ca’ Noghera ed Altino, promotore dei Bilanci di Giustizia, della Mag di Venezia, e tra i fondatori della Banca Etica. Lo fa «con il consenso del Patriarca Francesco Moraglia», e il destinatario non è la multinazionale italiana dell’energia ma il governatore del Veneto Luca Zaia.

Zaia perché, com’è scritto nella missiva, «le chiediamo di far valere tutta la sua influenza per ottenere l’osservanza al principio di precauzione perché è in gioco la salute delle persone», e sapendo anche che la Regione, con il Comune di Venezia, assieme ai primi cittadini di Mira e degli altri comuni della zona, tacciono sulla questione. E, come dicono gli attivisti dei comitati “No inceneritore Fusina”, «chi tace acconsente». Don Fazzini racconta nella lettera che nei giorni scorsi il Gruppo Pastorale degli Stili di Vita e il Gruppo Laudato Si di Marghera hanno rappresentato e riflettuto assieme al patriarca Francesco Moraglia sulle conseguenze derivanti dalla costruzione dell’inceneritore Eni Rewind a Marghera. 


CINQUE CRITICITÀ
Di seguito il prete elenca cinque punti, che sono altrettanti fonti di preoccupazione emerse nell’incontro e che il patriarca ha incaricato di riferire al presidente della Regione. Un elenco succinto, a differenza dei lunghissimi comunicati dei “No Inceneritore”, che però è affilato come una lama giapponese. «La costruzione del suddetto impianto - scrive don Fazzini - inciderà sulla pessima qualità dell’aria che già grava su Marghera e Mestre; sull’espandersi di tumori e leucemie già presenti in modo elevato nella zona; sull’inquinamento ambientale causato dal trasporto dei fanghi; e sull’incremento della presenza di Pfas presente ormai in quantità preoccupante (i Pfas sono le sostanze perfluoroacriliche, impermeabilizzanti liquidi, che venivano prodotte anche dalla Miteni per 50 anni a Trissino nel Vicentino, e che ormai sono finiti dappertutto, persino nell’acqua ndr.)». Il quinto punto è la stoccata finale: «Si prevede di collocare l’impianto nell’unica parte ancora incontaminata della Zona industriale di Marghera protetta da norme regionali e nazionali». Come a dire, se proprio Eni vuole costruire un inceneritore, non ha altri posti disponibili, e magari già inquinati, nei 2 mila ettari dell’area industriale mezza abbandonata? Eni, al momento, non commenta l’iniziativa della Chiesa veneziana. E intanto Eni Rewind, società della multinazionale che opera nel campo del risanamento ambientale di siti petrolchimici e minerari dismessi, contaminati da precedenti attività produttive, sta portando avanti l’iter per l’autorizzazione dell’impianto avviato nel novembre 2022 con il deposito dell’istanza Paur (Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale): era stata fissata per il prossimo 28 marzo la prima seduta di Conferenza dei servizi Decisoria convocata dalla Regione dopo che Eni Rewind, lo scorso dicembre, ha risposto alle oltre trecento richieste di integrazioni e osservazioni presentate da enti, stakeholder e associazioni nell’ambito dell’istruttoria; la Conferenza, però, è stata rinviata a data da destinarsi. Il progetto prevede un impianto per la gestione dei fanghi da depurazione civile, considerati non pericolosi e costituiti per l’80% da acqua, con una capacità di trattamento di 190.000 tonnellate annue, suddivisa su due linee parallele da 95.000 ciascuna. La proposta nasce a seguito di un’analisi di Eni Rewind sui flussi di fanghi prodotti e gestiti in Regione che ha evidenziato un gap impiantistico con conseguente smaltimento fuori regione di parte di questi rifiuti. Un’altra parte finisce nei campi come fertilizzante ma la normativa limiterà sempre più la possibilità dell’impiego dei fanghi in agricoltura a causa del rischio connesso all’eventuale migrazione di sostanze pericolose sui terreni coltivati. 


LE DIFESE
A differenza di quanto sostengono i comitati ambientalisti ed ora anche la Chiesa veneziana, Eni Rewind ha sempre affermato che «i sistemi di trattamento delle emissioni sono progettati in linea con le migliori soluzioni tecniche impiantistiche disponibili, al fine di salvaguardare l’ambiente, la salute e la sicurezza dei lavoratori» e aggiunge che, «considerati la composizione dei fanghi da depurazione civile, il processo che li genera e l’origine biogenica degli stessi, il contributo alle emissioni, compresa l’anidride carbonica, è da considerarsi nullo, in quanto la Co2 associata al processo di mono-combustione dei fanghi verrebbe comunque generata dalla naturale biodegradazione della materia organica».

Ultimo aggiornamento: 07:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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