​Giuseppe Volpi, industriale, finanziere e ministro di Mussolini

Lunedì 15 Gennaio 2018 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Bergamelli
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Tenne a battesimo la Mostra del Cinema, ma anche il Polo industriale di Porto Marghera; fu ministro di Benito Mussolini, ma in segreto finanziò i partigiani attivi sulla dossale del Monte Grappa; fu massone e dunque formalmente contrario al fascismo, ma da governatore coloniale della Tripolitania assistette – di fatto avvallandoli, pur senza avere troppa scelta – ai massacri perpetrati dal generale e criminale di guerra Rodolfo Graziani. Difficile inquadrare Giuseppe Volpi in una visione univoca; eppure il ricordo del “conte di Misurata” è vivo ancora oggi, nella toponomastica (a Murano) ma soprattutto in quelle “coppe Volpi” che da sempre, al Lido, vengono assegnate agli attori e alle attrici che più si distinguono nell'interpretazione dei film in concorso.

Figlio dell'ingegnere Ernesto Volpi e di Luigia Adriana Emilia De Mitri, Giuseppe nacque a Venezia il 19 novembre 1877. Rimasto orfano di padre e quasi privo di sostanze, abbandonò gli studi universitari e andò a cercare fortuna: la trovò in Montenegro, dove divenne un ricco esportatore di tabacco. Tornato in Italia, nel 1905 investì i suoi soldi nell'energia elettrica – industria in grande espansione, all'epoca – e fondò la “Società Adriatica di Elettricità” che progettò la diga del Vajont (terminata però ben oltre la Seconda Guerra Mondiale e la morte di Volpi). L'anno successivo sposò la nobile Albina Annunziata Palmira, che gli diede le figlie Marina e Anna Maria Losanna.

Poteva considerarsi un uomo arrivato, ma ancora non era abbastanza, per lui: così, nel 1917 fu tra i promotori della realizzazione di Porto Marghera e subito dopo la 1. Guerra Mondiale divenne proprietario dell'Excelsior e del Grand Hotel, a Venezia. Il fascismo, intanto, era alle porte: Giuseppe Volpi vi aderì e tra il 1922 e il 1925 fu governatore della Tripolitania tornando a casa col titolo di conte di Misurata concessogli da Vittorio Emanuele III. Lo stesso anno assunse l'incarico di Ministro delle Finanze nel governo Mussolini.

Ma Volpi era un irrequieto; aveva bisogno di fare di più, e gli Anni Trenta per lui furono un turbinìo: fu presidente della Confindustria e contemporaneamente della Biennale di Venezia, divenendo il promotore principale della Mostra del Cinema, il primo festival cinematografico al mondo. Non esitò però a prendere la guida delle Assicurazioni Generali al posto di Edgardo Morpurgo, allontanato a causa delle leggi razziali (delle quali si farà beffe sposando lo stesso anno – in seconde nozze – l'algerina Nathalie El Kanoui, con la quale ebbe il figlio Giovanni).

E alla fine questo strano fascista, attirato più dalla finanza e dalle arti che non dalle camicie nere e dai saluti romani non riuscì a sostenere fino in fondo la sua parte di fedelissimo al regime: nel 1943, quando si dovette decidere da che parte stare, Volpi fu allontanato dal governo,con Galeazzo Ciano, Alessandro Pavolini e altri gerarchi e ministri; perdette anche la presidenza di Confindustria. Tentò di fuggire in Svizzera, ma fu arrestato dalle SS e tradotto a Roma nella lugubre prigione di via Tasso. Non è mai stato chiarito cosa avvenne tra quelle mura, ma le condizioni di salute di Volpi, che già da qualche tempo manifestava i sintomi di una grave arteriosclerosi tracollarono improvvisamente.

Riconsegnato alla famiglia per intervento di Rodolfo Graziani, fu portato in Svizzera ma non si riprese mai e non fu nemmeno in grado di sostenere i processi a cui fu sottoposto nel dopoguerra, in cui fu prosciolto dalle accuse grazie alle testimonianze di autorevoli oppositori al regime fascista: emerse come Giovanni Volpi avesse finanziato con oltre diciotto milioni di lire i partigiani comunisti installatisi sul Monte Grappa, utilizzando anche azioni de “Il Gazzettino” di sua proprietà.

Tornò in Italia nel 1947, giusto in tempo per morire a Roma il 16 novembre di quell'anno, tre giorni prima del suo settantesimo compleanno. Il funerale fu celebrato da Angelo Roncalli (futuro papa Giovanni XXIII) che quando sei anni più tardi divenne Patriarca di Venezia ne autorizzò la traslazione nella chiesa dei Frari, dove la sua tomba si trova tutt'oggi.
Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 09:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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