Uccise il figlio, ​«Mattarella mi ha dato la Grazia, ma ho la morte nel cuore»

Sabato 16 Febbraio 2019 di Emanuele Minca
Franco Antonio Dri
3

Gli occhi di Franco Antonio Dri sono rossi. No, non è colpa del sole, di quel sole accecante che dopo tanti anni può rivedere da uomo libero. Franco Antonio Dri guarda il sole che stenta a riscaldare la piazza di Fiume Veneto, a due passi da Pordenone: e piange. Due giorni fa il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato la Grazia per quest'uomo di 77 anni che quattro anni fa ha ucciso il figlio Alessandro, 47 anni, esasperato al culmine dell'ennesima lite. Alessandro era un ragazzo sfortunato, sconfitto dalla droga: ma era pur sempre suo figlio. E Franco Antonio l'ha ucciso con un colpo di pistola, andando incontro ad una pena più dura di qualsiasi carcere.
 Per questo due giorni fa, quando il maresciallo Eugenio Mortillaro ha bussato alla porta della casa dove Franco Antonio Dri viveva agli arresti domiciliari, la commozione ha attraversato anche l'animo del comandante della stazione dei carabinieri di Fiume Veneto: era stato lui, il 26 gennaio di quattro anni fa, ad arrestarlo dopo la tragedia. Stavolta, gli ha ridato la vita.
Se l'aspettava, Franco Antonio?
«Sto cercando ancora di capire se è tutto vero».
Che cosa ha pensato quando ha visto il comandante alla sua porta, giovedì?
«Si può dire che si è chiuso un cerchio. Quattro anni fa era stato lui a portarmi via per quello che avevo appena fatto, e giovedì sera, alle 19.07 esatte, è stato lo stesso comandante della stazione di Fiume Veneto che invece aveva in mano l'ordine di liberazione immediata. Mi ha detto: sei libero. Ma non ci credevo».
Com'è stata la sua vita in questi 4 anni?
«Solo adesso può tornare alla normalità. Quando ero ai domiciliari potevo uscire poco, dalle 9 alle 11. Andavo al centro commerciale GranFiume per fare qualche acquisto. Due ore che passavano subito».
È stato condannato in appello a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni in virtù dell'attenuante della provocazione; si è fatto 14 mesi di carcere a Treviso prima dei domiciliari e la fine della pena era prevista per il 3 luglio 2022.
«Il periodo dietro le sbarre è stato duro e non sarei potuto durare ancora molto lì dentro».
Ripensa a quel giorno, il 26 gennaio 2015?
«Soffro ancora per quello che è successo. Non mi sono però mai ritenuto un delinquente. Ho fatto un bruttissimo gesto in una giornata da incubo. Per me è sempre doloroso tornare a quei momenti. Non lo rifarei, certo che no».
Era inevitabile?
«Solo io so cosa mi è passato per la testa quel giorno e ho provato a farlo capire ai giudici: era come se stessi vivendo dentro ad un incubo. Vedevo tutto in modo tragico, senza vie di uscita. Ma se tornassi indietro non lo rifarei: ripensare a quel giorno è un dolore troppo forte che non andrà mai via».
C'è un'altra vittima di quella tragedia: sua moglie. Come vive quel che è accaduto?
«È stata fondamentale. Con l'altro mio figlio Stefano e mia sorella Renata mi è stata vicina e si è data tanto da fare. Andare in tv con l'avvocato a parlare del mio caso, per lei che è una persona semplice e restia ai riflettori, deve esserle costato molto».
Com'era la vita, prima che la tossicodipendenza di vostro figlio vi precipitasse nell'incubo?
«Una vita normale. Sono stato anche campione italiano di bocce, per tanti anni ho venduto e riparato televisori prima a Fiume Veneto e poi in un negozio di via Colonna a Pordenone».
E dopo che Alessandro ha ricominciato a drogarsi?
«Non auguro a nessuno di trovarsi nella situazione in cui eravamo. Di vivere quell'inferno. Ma accade più spesso di quanto si pensi. A quelle famiglie, ai genitori che stanno passando quello che abbiamo vissuto noi, dico di resistere a quel dolore. In questi anni, a casa o in carcere, ho rivissuto centinaia di volte quei momenti. Tuttora mi chiedo se il fatto che mio figlio Federico sia diventato schiavo della droga sia legato a una mia mancanza, a una qualche colpa di noi genitori che non siamo stati abbastanza sensibili o poco affettuosi».
Che cosa avevate fatto per uscire da quella situazione?
«Posso dire che noi abbiamo provato di tutto per Federico. Per salvargli l'esistenza. Ha fatto un periodo a Belluno poi è andato nella comunità di San Patrignano dove è rimasto per quattro anni. È tornato a casa e sembrava rinato, ma poi forse le cattive compagnie, l'ambiente, o il suo demone interiore, insomma, c'è ricascato in quel gorgo malefico della droga».
Si sente colpevole?
«Non è semplice trovare le parole visto quello che è successo. Posso solo dire che tutto ciò provoca in un genitore un dolore enorme, fuori scala, che non si può misurare, in alcuni casi senza via d'uscita. Quello che ho fatto io è una colpa che non potrò mai scordare».
Che cosa ha fatto oggi, appena ha potuto uscire?
«Mi sono concesso un caffè da uomo libero nel bar CoCo Caffè, vicino a casa. Mi hanno accolto con calore; ci andavo sempre, prima. Oggi ci sono tornato più volte e l'accoglienza è sempre stata calorosa. C'è chi ha perfino applaudito, chi mi ha stretto la mano. Tanto affetto mi ha imbarazzato, ringrazio tutti».
Da quando si è sparsa la notizia giovedì sera, decine di persone hanno bussato alla sua porta per salutare la sua riconquistata libertà. Si aspettava questa mobilitazione?
«Mi sembra incredibile. Il primo ringraziamento va a una maestra in pensione, Gianfranca Pigat, che ha avuto l'idea di avviare la petizione. Non mi conosceva, e ha fatto una cosa simile per me...».
Il paese ha raccolto 1.100 firme per chiedere la Grazia. Si aspettava che il Capo dello Stato la concedesse?
«Sinceramente, mi sembrava una cosa lontana, difficile. Ringrazio tantissimo il presidente Mattarella, e i miei avvocati Giancarlo Zannier ed Arnaldo De Vito che con mia cugina Carla hanno mantenuto la fiducia che la Grazia sarebbe arrivata. E grazie ai Carabinieri».
Che cosa vede nel suo futuro?
«Cercherò di riprendermi la mia vita, le mie amicizie, le mie abitudini. Il presidente Mattarella mi ha concesso la Grazia, ma nel cuore mi rimane un grande dolore».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci