La vicenda di Luisa Velluti muove nell’animo un turbinio di sentimenti. Una premessa, però, è necessaria: se lo scritto ricevuto corrisponde al vero... Non sappiamo ancora, infatti, se chi risponde a Luisa è la sua vera mamma. Se lo scritto è autentico, si prova innanzitutto una sorta di impotenza e di sofferenza che diventa quasi ribellione dinanzi a qualcosa che ci vede tutti sconfitti: mamma, figlia e società (ciascuno di noi). Sconfitti da una realtà che ci appare così dura e con la quale, però, dobbiamo fare dolorosamente i conti. Il desiderio sarebbe quello di poter dire una parola o, ancor più, di fare qualcosa per lenire tanto dolore e dare, così, una nuova possibilità a chi ha visto frustrata, offesa e violentata la propria femminilità di madre e di figlia. Un pensiero, comunque, possiamo azzardarlo: riguarda l’importanza della donna, l’importanza del suo ruolo e della sua missione, la delicatezza e la forza del suo compito. Qui abbiamo due donne, una di fronte all’altra, entrambe ferite come donne.
Di fronte alla donna e alla maternità la nostra cultura deve riflettere molto e non attraverso slogan, ma facendo sì che la donna sia valorizzata, difesa e rispettata. E valorizzando in particolare il momento fondamentale della maternità, tempo delicatissimo per se stessa e per l’intera società. Esprimo davvero una cordiale e sincera vicinanza alle persone coinvolte in questa vicenda. Auguro ad entrambe queste donne - e prego per questo - che possano trovare, ognuna per la propria parte e nei tempi necessari, le vie giuste per raggiungere quelle risposte, quella pace e quella serenità di cui hanno bisogno...
*Patriarca di Venezia
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