Eugenio Vittoria, quando i modi di dire diventano cultura e storia

Lunedì 12 Novembre 2018 di Alberto Toso Fei
Eugenio Vittoria ritratto da Matteo Bergamelli
Eugenio Vittoria (1918-1999) Scrittore, editore e giornalista

In un venticinquennio – tra il 1967 e il 1983 – scrisse e pubblicò sedici opere di storia, di letteratura, di costume, di ricerca dialettale tutte incentrate su Venezia. Volumi come “Detti Veneziani, ovvero a Venezia si dice ancora così”, “I cavalli di Venezia”, “Il gondoliere e la sua gondola”, “Curiosando Venezia” (ma anche una “Storia di Mestre”) che ancora oggi costituiscono un “corpus” fondamentale per chiunque voglia avviarsi allo studio degli aspetti più curiosi e meno conosciuti della città. Eppure per tutta la prima parte della sua esistenza Eugenio Vittoria si era dedicato decisamente ad altro: studi magistrali, disegno, studio di pianoforte e organo (fu organista dell'Ordine dei Cavalieri di Malta, che gli conferì anche la Croce al Merito Melitense di Prima Classe); ma anche furiere, infermiere, sottufficiale durante la Seconda Guerra Mondiale, che si fece per intero tra l'Italia e la Francia, rischiando di essere mandato in Russia. Dopo la guerra inventò le “Creazioni didattiche EVI”, producendo dei supporti per le scuole come delle serie di cartoncini con animali e numeri da ritagliare, in parte disegnati da un giovane Dino Battaglia, e delle scatole con solidi di legno colorato.

Nel contempo divenne rappresentante per il Veneto delle case editrici d’arte e cultura “All’insegna del Pesce d’oro” di Vanni Sheiwiller e “Il Milione”. Un eccletismo maturato con dedizione e sobrietà e portato avanti con grande passione, contando unicamente sulle sue forze, che nel 1995 gli valse l'assegnazione della prima edizione del premio “Nexus”, indetto dalla storica rivista veneziana per evidenziare i meriti di coloro che a diverso titolo hanno contribuito a divulgare la “civiltà” di Venezia.

Nato a Venezia il 18 marzo 1918 da Alessandro Vittoria e Vittoria Daissè, fin da giovanissimo iniziò a studiare la sua città frequentando biblioteche e archivi, scrivendo rubriche di storia e di costume veneziano su diverse testate veneziane locali e partecipando assiduamente a incontri e seminari su Venezia. Nel 1950 ebbe un figlio, Maurizio, destinato a diventare bibliotecario alla Marciana. Negli primi anni Sessanta fondò dunque la Casa Editrice EVI, iniziando con la ristampa del “Breve sommario di storia veneta” dello storico Rinaldo Fulin ma dedicandosi ben presto alla stesura dei suoi libri, diventati nel tempo dei classici della venezianità. E non smise mai di occuparsi della città, da un lato aderendo a diverse associazioni (come appunto l'Ordine di Malta, ma fu anche Cavaliere di San Marco e segretario dell'UCSI – l'Unione Cattolica Stampa Italiana di Venezia – fino al 1990), dall'altro dando vita a numerose iniziative: fu tra i primi a credere nel rilancio del rinnovato Carnevale di Venezia, e presiedette la “Società dei Regolari”, un gruppo di amici che si prodigò per la salvaguardia delle tradizioni veneziane; con Diego Valeri, Aldo Palazzeschi, Aldo Camerino, Manlio Dazzi e Ugo Facco de Lagarda (che l'aveva ideato) fece parte del gruppo del Premio letterario “Stradanova”, che tra il 1958 e il 1966 si assegnò ai Santi Apostoli davanti alla bancarella di libri di Luigi Bonometto.

Schivo e orgoglioso della propria libertà di parola, non esitò mai a dire la sua su chi speculò per decenni sul nome di Venezia senza approdare a nulla: “I soldi stanziati per le tavole rotonde – scriveva nel 1970 – siano versati in un fondo comune per il restauro e i lavori più urgenti, invece di lanciare i soliti slogan di salvezza sostenuti ed elogiati da esponenti che vivono in questa città usurpando il tempo lavorativo retribuito da Enti pubblici per privati interessi in nome della salvezza di Venezia”.
Nel 1994 fu vittima di un incidente d'auto che ne minò irreparabilmente la salute. Morì il 10 febbraio 1999. Fino all'ultimo credette nella diffusione capillare della storia e del costume veneziano anche come risorsa contro lo svuotamento di Venezia da parte degli abitanti: solo così i veneziani avrebbero potuto ri-amare la loro città, cercando di resistere e di non andarsene.
Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 09:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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