Francesco Foscari, doge per quasi 35 anni: dal trionfo all'abdicazione

Martedì 2 Maggio 2017 di Alberto Toso Fei
Francesco Foscari (illustrazione di Matteo Bergamelli)
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VENEZIA - Francesco Foscari è stato senza dubbio uno dei dogi più significativi della storia della Serenissima: eletto nel 1423 a soli 49 anni, il suo dogado fu il più lungo della lunga storia di Venezia: 34 anni, 6 mesi e 8 giorni; sotto di lui lo Stato da Terra raggiunse la sua massima espansione. Ma non fu un dogado facile, visto che dovette attraversare guerre, carestie, alte maree straordinarie, la glaciazione della laguna e una pestilenza (che gli portò via quattro degli undici figli, lasciandogli un solo figlio maschio, Jacopo). Perfino un terremoto.

Le lunghe guerre avevano impoverito le casse dello Stato, Foscari non riscuoteva più la simpatia di diverse famiglie, ma in particolare dei Loredan: uno dei più accesi oppositori era Jacopo Loredan che, si dice, tramò a lungo per vendicare la sconfitta che lo stesso Foscari aveva inflitto a suo padre Pietro nella lotta all’elezione dogale. Non solo: si vociferava che Francesco Foscari avesse fatto uccidere Pietro e il fratello di questi.

In questo clima di odio e sospetto va inquadrato l'ultimo periodo della vita del doge, che fu alla fine piegato colpendo il figlio: nel 1445 Jacopo Foscari fu accusato di aver accettato doni dal duca di Milano, in spregio a quanto imponeva la promissione ducale. Il Consiglio dei Dieci, in cui sedeva anche Francesco Loredan, nipote di Pietro, lo condannò all'esilio ma due anni dopo il giovane fu graziato. Non durò molto. Nel 1450 Jacopo fu accusato di aver ucciso per vendetta uno dei membri del Consiglio dei Dieci che lo aveva condannato, Ermolao Donà. Il figlio del doge fu torturato e esiliato a Candia. Ma ancora la vendetta ostinata di parte della nobiltà veneziana doveva accanirsi su di lui: nel 1456, sebbene in esilio, Jacopo Foscari fu accusato di cospirare contro il governo. Tornato a Venezia per il processo, gli fu riconfermato l'esilio, aggravato dalla reclusione nel carcere di Canea, dove morì il 12 marzo 1457.

Il 23 ottobre dello stesso anno anche l’ottantaquattrenne Francesco dovette subire una pesantissima decisione da parte della Serenissima: ufficialmente per motivi di anzianità, al principe fu intimata l’abdicazione entro otto giorni, con un vitalizio di millecinquecento ducati annui, pena la requisizione di tutti i beni in caso di rifiuto. Nonostante in passato avesse già tentato di dimettersi, senza che gli fosse stato permesso, questa volta Foscari si rifiutò di lasciare: ma la richiesta si trasformò ben presto in un ordine perentorio.

Il giorno dell’abdicazione, a Palazzo Ducale, Francesco Foscari fu privato del corno e dell’anello col sigillo, che fu subito spezzato. Poi gli si strappò la promessa che si sarebbe ritirato al più presto nella sua casa sul Canal Grande. Il doge rifiutò di uscire dal Palazzo per porte secondarie, ma orgogliosamente ridiscese la grande scala che aveva salito il giorno della sua nomina, aiutato dai suoi parenti.

Però, già provato per la morte del figlio, resistette pochi giorni a questa nuova amarezza e si spense una settimana più tardi, il primo novembre, si dice il mattino successivo all’aver sentito lo scampanìo che annunciava l’elezione del nuovo doge, Pasquale Malipiero. Questi si presentò al sontuoso funerale di Stato allestito per il suo predecessore (nonostante l'opposizione della vedova, che in quel gesto leggeva l'epilogo beffardo di un destino da sempre loro nemico) in semplice veste di senatore.

(illustrazione di Matteo Bergamelli)
Ultimo aggiornamento: 3 Maggio, 09:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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