CHIOGGIA - Rintracciate in Friuli alcune ossa che potrebbero essere appartenute ad uno dei protomartiri santi patroni di Chioggia: i fratelli Felice e Fortunato, venerati anche a Vicenza ove sorge un'antica basilica ad essi dedicata. I resti si trovano a Flambro, piccola frazione del comune di Talmassons, o ad una ventina di chilometri da Udine. Si tratta di un dito ed osso iliaco. L'ipotesi parrebbe suffragata dal fatto che lo scheletro del decapitato conservato in un altare della Cattedrale (oggetto di un'accurata ricognizione scientifica) manca proprio di quei due elementi.
GLI STUDI
All'inizio l'attribuzione sarebbe risultata impossibile perché prevaleva la tradizione secondo la quale Chioggia e Vicenza si sarebbero in qualche modo spartite i resti dei Santi. Sarebbe stato proprio a causa di quest'antico equivoco che le falangi e l'osso iliaco conservati in teche dorate a Flambro (ove la terza settimana di novembre ha luogo la tradizionale sagra di San Filìs) furono attribuite al solo Felice mentre, secondo ipotesi basate anche su dati provenienti da Vicenza, lo scheletro di Chioggia sarebbe più probabilmente appartenuto a Fortunato.
L'origine delle antiche ossa e le loro successive peripezie rimangono invece tuttora avvolte nel mistero. Le evidenti tracce di decapitazione (pena ritenuta rapida e non infamante) riscontrate nel corso della ricognizione depongono comunque a favore della tradizione secondo la quale i fratelli Felice e Fortunato (da sempre raffigurati in abiti militari) sarebbero appartenuti ad una famiglia relativamente agiata. Qualora fossero stati di origine straniera oppure servile, in forza alle leggi dell'Impero, sarebbero finiti crocifissi. I documenti storici più antichi su Felice e Fortunato (ripetutamente copiati dagli amanuensi) furono redatti a Milano nel V secolo. Stando ad essi, le reliquie proverrebbero da un sacello costruito sul luogo del martirio che avrebbe avuto luogo a cavallo tra il 303 ed il 304, ad Aquileia, sotto l'impero di Diocleziano. I cristiani l'avrebbero innalzato successivamente alla promulgazione dell'editto col quale, nel 313, l'imperatore Costantino consentì loro di professare liberamente la propria religione. Dalle antiche cronache risulta che ben presto, attorno ad esso, si sviluppò una piccola necropoli. Probabilmente, le ossa furono recuperate e messe al sicuro quando gli Unni di Attila abbandonarono Aquileia, dopo averla messa a ferro e fuoco nel 452.