Violenze nella casa di riposo di San Donà, chiesti 38 anni di reclusione

Sabato 20 Gennaio 2024 di Gianluca Amadori
SAN DONA' DI PIAVE La casa di riposo finita al centro dell'inchiesta

SAN DONÀ - Cinque richieste di condanna, a pene comprese tra i tre e i dodici anni di reclusione, per i maltrattamenti e le violenze che, secondo la procura di Venezia, sono state commesse all’interno del Reparto Viola della casa di riposo “Monumento ai caduti” di San Donà di Piave, tra il 2019 e l’inizio del 2023.
Il pm Andrea Petroni ha concluso ieri la sua requisitoria, nel corso del processo con rito abbreviato che si sta celebrando di fronte alla gup Benedetta Vitolo. Il rappresentante della pubblica accusa ha sollecitato 12 anni di carcere per Davide Barresi, 54 anni, già residente in provincia di Catania, attualmente detenuto; 10 anni e 8 mesi per Fabio Danieli, 47 anni; 8 anni e 8 mesi per Maria Grazia Badalamenti, 62 anni; 3 anni e 4 mesi di reclusione ciascuna per Anna Pollazzon, 61, e Mergie Rosiglioni, 66 anni, tutti residenti a San Donà.

Le pene richieste tengono conto dello sconto di un terzo previsto per il rito abbreviato, e dunque partivano da un minimo di 5 ad un massimo di 18 anni di reclusione. Tutti sono chiamati in causa per l’attività svolta in qualità di operatori socio sanitari.


MALTRATTAMENTI
Sotto accusa sono finiti decine di episodi di maltrattamenti: mancata somministrazione dei pasti, schiaffi, minacce, ingiurie. Gli anziani venivano sottoposti ad angherie perché protestavano, oppure semplicemente perché chiedevano l’intervento degli operatori se rovesciavano un piatto o necessitavano di essere lavati. Una degente, secondo la procura, è morta per insufficienza cardio-respiratoria quale conseguenza delle plurime fratture provocate dalle percosse e delle vessazioni psicologiche: l’aggravante relativa a quel decesso viene contestata a Badalamenti, Danieli, Pollazzon e Rosiglioni.
La posizione più pesante è quella di Barresi, il quale è accusato anche violenza sessuale su sette anziane donne, costrette a subire rapporti sessuali di vario tipo con abuso delle condizioni di inferiorità fisica e psichica. È per questa imputazione che l’uomo, difeso dagli avvocati Giorgio e Luca Pietramala, si trova tutt’ora in carcere: contro di lui ci sono le immagini registrate dalle telecamere che gli inquirenti avevano piazzato di nascosto all’interno della Rsa per documentare i maltrattamenti, denunciati dai familiari di una degente ricoverata nel reparto non autosufficienti.


GENERALE OMERTÀ
Il pm Petroni ha sottolineato l’abitualità degli episodi di maltrattamento, tali da «determinare uno stato di prostrazione e soggezione» in tutti gli ospiti del reparto che, «anche se non direttamente vittima degli abusi, hanno maturato il timore di divenire essi stessi destinatari delle condotte violente». Il rappresentante della pubblica accusa ha evidenziato anche il «clima di generale omertà protettiva reciproca», che a suo avviso è dimostrazione del concorso nei reati anche da parte degli imputati implicati con un ruolo secondario. Più di qualcuno, secondo il pm, era a conoscenza degli orrori che accadevano nella Rsa, ma non ha mai sporto denuncia.
Nel pomeriggio hanno preso la parola i legali delle parti civili che hanno chiesto la condanna degli imputati a consistenti risarcimenti (fino ad 800mila euro per l’anziana deceduta); le arringhe dei difensori degli imputati sono previste per lunedì prossimo; poi la sentenza.
 

Ultimo aggiornamento: 15:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci