Biennale, Radini Tedeschi dirige il Padiglione Guatemala con “La Marge”

Domenica 28 Maggio 2017 di Sabrina Quartieri
A destra El Circulo Magico, Carlo Marraffa, composizione fotografica di dieci scatti, 20x17 cm
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In tempi di nuove promesse di muri, usate come slogan dai potenti del mondo, là dove si sono riaccesi i riflettori internazionali sull’arte e sulla bellezza, la 57esima edizione della Biennale di Venezia, negli spazi espositivi di Palazzo Albrizzi Capello, a farsi paladino di un messaggio che unisce anziché dividere è il Padiglione Nazionale Guatemala. Con la mostra intitolata “La Marge”, curata dal critico d’arte romano Daniele Radini Tedeschi, si invita a riflettere su quel limite chiaro riferimento alle barriere alzate, a quei confini politici che hanno creato distanze nel genere umano, al margine tra mondo capitalista e vita autentica, soggetto e oggetto di analisi da parte degli artisti invitati ad esporre.
 

 


Il monito è un chiaro richiamo alla Natura e alle sue leggi, con i suoi tempi, la sua ciclicità, la sua purezza. Il curatore, già direttore del Padiglione nel 2015, a tal proposito sostiene: «La Marge può declinarsi in tutte le sue varianti possibili, da margine come emarginato, a prospettiva laterale dalla quale osservare le cose». La mostra, intrisa di magia e simboli, visitabile fino al prossimo 26 novembre, riflette quindi su umano e trascendente, su natura e scienza, su spiritualità e progresso, promuovendo il dialogo tra i Paesi e le culture. Lo testimoniano i partecipanti presenti con le loro opere, artisti sia guatemaltechi che italiani.

Si va da Elsie Wunderlich a Lourdes della Riva, da Arturo Monroy a Cèsar Barrios, fino a Erminio Tansini e Andrea Prandi, ai quali si aggiunge un collettivo di artisti internazionali ospite nel gruppo “El círculo mágico”. Tra i componenti figurano maestranze nostrane che hanno vissuto o studiato il territorio guatemalteco come Giancarlo Flati, Aldo Basili, Roberto Miniati, Daniele Bongiovanni, Stefano di Loreto, Carlo Marraffa, Sabrina Bertolelli e Mirella Barberio. Lo stile dell’esposizione è essenziale ma profondo, come rivela già il catalogo realizzato con carta riciclata, pregno di riflessioni filosofiche e di interrogativi esistenziali, in perfetta linea con lo sciamanesimo che aleggia sulla mostra.
 
 
 

Ultimo aggiornamento: 29 Maggio, 22:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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