Benedetto Marcello, ovvero una languida perfezione

Lunedì 23 Gennaio 2017 di Alberto Toso Fei
Bnedetto Marcello (da wikipedia, immagine resa disponibile dalla biblioteca digitale Gallica)
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VENEZIA - Una vita per la musica. Perlomeno, quasi tutta la vita. Benedetto Marcello, nobile veneziano senza slanci per la guerra, poco portato per la politica senza nessun senso per gli affari, alla musica dovette tutto. Le dovette la fama, perché se per qualcosa fu ricordato in vita ma soprattutto ancora ai giorni nostri fu per le sue composizioni, sebbene il celebre Adagio del Concerto per oboe, a lui attribuito e trascritto perfino da Johann Sebastian Bach (e divenuto popolare grazie al film Anonimo Veneziano), sia in realtà opera del fratello Alessandro.
Già, i Fratelli. Prima di Benedetto erano nati Alessandro e Girolamo, all'interno di quella famiglia del ramo della Maddalena così vocata alla cultura: il padre Agostino componeva versi, suonava il violino e organizzava concerti nel suo salotto; la madre Paolina Cappello era dedita alla poesia e al disegno, e i fratelli maggiori iniziarono presto a distinguersi in ambito musicale e letterario. Benedetto stesso fu iniziato allo studio del violino, ma a quanto pare con scarsi risultati, perlomeno all'inizio. Racconta un aneddoto che il suo interesse definitivo per la musica si sarebbe risvegliato per un moto di gelosia nei confronti del fratello: un giorno la principessa di Brunswick era in visita a Ca' Marcello per assistere a un'esecuzione di Alessandro; essendo presente nella stanza anche Benedetto, con cortesia gli domandò di cosa si occupasse ma fu Alessandro a rispondere dicendole che, vista la mediocrità del fratello, al massimo poteva portargli gli spartiti. Benedetto, offeso, giurò di dedicarsi agli studi musicali con il massimo dell'impegno.
Una perseveranza che lo ripagò, e che gli fece trovare anche l'amore. Un giorno, mentre era a casa, udì provenire dalle finestre sul Canal Grande la bellissima voce di Rosanna Scalfi, che cantava passando in gondola: volle conoscerla subito, così ordinò ai servi di far avvicinare la barca, e se ne innamorò. Da quel momento lei divenne la sua allieva prediletta e poi la sua sposa segreta, poiché a un nobile era vietato sposare una popolana.
Gli anni trascorsero pacificamente seguendo una languida perfezione, ma ancora una volta la musica cambiò per sempre la sua vita: il 16 agosto 1728, nella chiesa dei Santi Apostoli, una lastra sepolcrale cedette sotto i suoi piedi ed egli si trovò sprofondato fino al petto in una tomba. Il fatto fece il giro della città e presto si trasformò in leggenda: si narrava che il musicista fosse caduto in un sepolcro aperto, mentre in chiesa passeggiava prendendo appunti musicali, e che vi fosse svenuto dentro.
Quando si risvegliò, Benedetto Marcello si trovò sepolto vivo poiché il sarcofago era stato chiuso da alcuni operai. Liberato, diede la colpa dell'accaduto alla musica e non volle più averci a che fare. Comunque sia andata, l'avvenimento ebbe una grande influenza sul suo umore, mutandolo da gaio a triste e cogitabondo (in seguito all'accaduto scrisse infatti un sonetto: Sien l'ore tutte mie sospiri e pianto!). A tal punto Benedetto Marcello avversò la sua antica arte, dopo quel fatto, che quando morì, nel 1739, lasciò come disposizione testamentaria la volontà di impedire ai figli di studiare musica, pena la perdita dell'eredità.
Ultimo aggiornamento: 24 Gennaio, 10:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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