​Arlecchino, da demonio a maschera e personaggio della Commedia dell'Arte

Lunedì 5 Febbraio 2018 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Bergamelli
Tra i suoi interpreti più recenti si ricordano senz'altro Marcello Moretti e Ferruccio Soleri (quest'ultimo finito nel 2010 nel Guinness dei primati per la più lunga performance di teatro nello stesso ruolo: più di cinquant'anni), attori del Piccolo Teatro di Milano sotto la direzione di Giorgio Strehler. Ma prima di loro nei secoli vi furono (citando nel mucchio) Antonio Sacco, Carlo Bertinazzi, Dominique Biancolelli, Tristano Martinelli, indietro nel tempo fino ad Alberto Naselli, attore del Cinquecento noto come “Zan Ganassa”, che fu probabilmente il primo vero interprete di Arlecchino.

Già, Arlecchino. Maschera della Commedia dell'Arte che nasce a Bergamo ma parla in veneziano e ha parenti nella tradizione nordeuropea dei personaggi diabolici e farseschi. Non a caso Naselli era di origine bergamasca, città dalla quale discendono anche le maschere degli “Zanni”, i servitori a volte sciocchi e altre furbi, che Arlecchino impersona perfettamente.

Arlecchino è probabilmente la maschera più famosa tra quelle della Commedia, che si trasforma anche in maschera di carnevale e recita spessissimo accanto a Colombina e Pantalone (loro sì, completamente veneziani) in una dimensione che lo rende venezianissimo e nello stesso tempo vagamente estraneo al luogo e a ciò che gli capita attorno, come vivesse fuori del tempo.

È sempre in movimento: salta, si dimena, inciampa, fa le capriole, bastona gli altri col suo “batòcio” e prende lui stesso un sacco di botte; è dispettoso e ha una fame atavica: è incessantemente alla ricerca di cibo. Alcune volte è complice del suo padrone – di solito Pantalone, dipinto spesso come avido e taccagno – e in altre occasioni cerca di imbrogliarlo (in alcuni casi riuscendoci, in altri rimediando delle dolorosissime punizioni). Si dispera facilmente, ma sa anche consolarsi in fretta.

Il suo abito, un tempo completamente bianco con qualche rattoppo qua e là, divenne nel tempo il costume variopinto col quale è universalmente conosciuto, e se la sua carriera teatrale nasce a metà del Cinquecento, l'origine del personaggio sarebbe invece molto più antica, legata alla ritualità agricola: Arlecchino, infatti, era anche il nome di un demone delle profondità sotterranee, conosciuto almeno dal XII secolo. La radice stessa del nome – di origine germanica – non ne nasconde le origini infernali: Hölle König (re dell'inferno), traslato in Helleking, poi in Harlequin.

Una origine popolare di demone legato alla terra che i saltimbanchi da strada fecero diventare una maschera dallo spirito villanesco: non a caso ad Arlecchino rimase impressa per sempre una natura quasi bestiale, mossa più da passioni e bisogni elementari più che filtrata dalla ragione. Anche la sua maschera reca spesso un bernoccolo vistoso che è forse la sublimazione di un corno demoniaco.

Quando arrivò a Venezia, Arlecchino aveva già la strada spianata dall'esistenza – tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento – di due celebri buffoni che recitavano da Zanni: Zuan Polo e Zuan Cimador (citati anche da Pietro Aretino in una delle sue opere); impersonare in un colpo solo il servo sciocco e quello arguto e finire sul palco fu questione di qualche decennio, finché Antonio Sacco, grande Arlecchino settecentesco della Commedia dell'Arte, trovò sulla sua strada Carlo Goldoni e poi Carlo Gozzi, che scrissero e portarono in scena opere immortali aventi come protagonista il servitore più famoso di ogni tempo.

Bisognerà però aspettare il Novecento perché si riscoprisse il valore di questa arte teatrale antica e alcuni registi – Max Reinhardt e il già citato Giorgio Strehler, fra i più famosi – riuscissero a riportare Arlecchino in scena: Hermann Thimig, Moretti e Soleri (ma anche Titino Carrara e Gian Andrea Scarello, fino a Claudia Contin Arlecchino, che in onore del personaggio ha cambiato perfino il proprio stato anagrafico) gli hanno ridato corpo e voce sul palcoscenico, donando nuova energia a un personaggio che vive nell'immaginario da più di cinque secoli.
Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 10:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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