Angela, la cortigiana più bella che ammaliò anche Tiziano

Lunedì 9 Aprile 2018 di Alberto Toso Fei
Giulia Angela Del Moro La Zaffetta (XVI secolo, nascita e morte sconosciute) Disegno di Matteo Bergamelli
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Oggi forse non la troveremmo così bella come fu considerata al suo tempo; allora perfino Tiziano la ritrasse (nuda), e Paris Bordon sviluppò una vera ossessione per lei, che gli fece da modella in un numero impressionante di dipinti. Sicuramente Angela Del Moro godeva di un fascino unico, e doveva essere capace di suscitare emozioni fortissime negli uomini dei quali si circondava. D'altronde, fascino e bellezza facevano parte del mestiere che si era scelta: quello della cortigiana.

Come molte sue coetanee, trovò nella cortigianeria una maniera di affrancarsi dalla condanna a una vita di stenti che quasi sicuramente le sarebbe toccata, come tradisce il soprannome col quale era conosciuta: La “Zaffetta”, poiché figlia di una guardia (uno “zaffo”). Lo fece studiando: a Venezia in quel secolo si imposero meretrici di grande rinomanza facenti categoria a sé, dotate d’attrattive fisiche e modi amatori raffinati ma soprattutto di eleganza nel ricevere la clientela altolocata, abbinandola a profonde conoscenze d’arte, musica, letteratura (spesso più delle stesse nobili), vista la loro frequentazione di pittori, architetti, uomini di potere, scrittori. Una sorta di “aristocrazia” della categoria: un gruppo di donne dalla vita indipendente, lussuosa e intellettuale (anche se non sempre rosea), condotta in maniera tale da imporre spesso la moda del momento.

Di alcune di loro sono rimasti dei bellissimi scritti, come nel caso di Veronica Franco. Della Zaffetta ci è rimasta soprattutto l'immagine: Tiziano la ritrasse senza abiti nell'allegoria dell'Amore Sacro (l'Amore Profano, una ragazza vestita, ebbe invece le fattezze di Violante, figlia di Jacopo Palma il Vecchio); Paris Bordon ne eternò il volto (e non solo) in moltissime sue opere... per altri aspetti non va dimenticato che per una che ce la faceva, mille altre si prostituivano per pochi spiccioli fra le calli di Rialto, in genere morendo di malattie orribili.

Il cronista Marin Sanudo racconta che all’inizio del XVI secolo in città c’erano 11.654 cortigiane ufficiali. Nella seconda metà del Cinquecento uscì addirittura un “Catalogo di tutte le principal et più honorate cortigiane di Venezia”, in cui erano segnati nomi (duecentoquindici, dunque una ristretta élite), indirizzi e prezzi. Prima di quello appena citato, nel 1535, era uscito un altro “catalogo”, in terza rima, composizione frutto della fucina dell’Aretino e di un suo giovane allievo, Lorenzo Venier.

Fu proprio quest'ultimo, probabilmente uno dei “gentiluomini” che mantenevano la Del Moro in cambio di una notte fissa alla settimana da trascorrere con lei, a rendersi protagonista di un atto abominevole nei confronti di Angela, che un giorno si macchiò dell'offesa dell'“arlasse”, rifiutandolo in una delle notti concordate. La vendetta del nobile fu terribile: il 6 aprile 1531 la convinse a passare una giornata a Malamocco, ed ella accettò dietro promessa che si sarebbe tornati a Venezia in serata. La gondola approdò invece a Chioggia dove, dopo cena, la Zaffetta fu convinta a fermarsi anche per la notte.

Qui cominciò la beffa atroce: perché dopo che dall’amante, la donna fu violentata – a turno – da altri trenta uomini: pescatori, facchini, ortolani, frati, convocati alla bisogna o capitati lì per caso. L’ultimo fu un piovano. Straziata, la donna fu caricata, sul far del giorno, su “una barca da melloni” e rispedita a Venezia. Il Venier divulgò il fatto con un poemetto in rima dal titolo “Il Trentuno della Zaffetta”. Lo stesso Aretino, amico del Venier, mise in bocca a un personaggio della sua “Cortigiana” queste parole: “E non vorrei che tu incappassi in un trentuno, come incappò Angela Del Moro”.

È anche possibile – e c'è anzi da sperarlo – che il fatto sia soltanto letterario, inventato per “sfregiare” la cortigiana come punizione simbolica per l’“affronto” subito. A quanto è dato sapere, prima che la sua vicenda personale, priva di data di nascita e di morte, fosse inghiottita dal tempo, dopo quel fatto continuò infatti a esercitare per un discreto numero di anni: nel 1548 l'Aretino ne scrisse ancora, affermando che la Zaffetta era ancora molto bella, nonostante avesse superato da tempo i trent'anni.
Ultimo aggiornamento: 23:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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