Udine. La mamma del killer suicida:
«Ho collaborato, non lo rifarei più»

Martedì 24 Agosto 2010 di Paola Treppo
Gloria e Ramon Berloso
UDINE (24 agosto) - A ridosso del funerale di suo figlio, Gloria Berloso si interroga sui motivi che possono aver spinto Ramon a uccidere: Quello non era mio figlio. Quello strano sorriso, quell'espressione che aveva quando stato arrestato. Non era in sè, era da un'altra parte. Ed era chiaramente in profonda sofferenza».



Nella sua casa di Aiello, la donna sfoglia l'album delle foto e ricorda i momenti felici, quelli dell'infanzia. Ci sono le istantanee del matrimonio di Ramon, nel municipio di Gorizia, quelle dei primi passi della nipote, e i sorrisi della piccola. Nella cameretta della bambina, che è la stessa dove il 35enne dormiva quando era ospite della madre, ci sono i suoi disegni fatti con i pennarelli: il papà vicino a lei, l'arca di Noè con tutta la famiglia, la nonna, la mamma. «Non la vedo da più di un mese, ho tanta paura di non vederla più - spiega Gloria Berloso - Sono sua nonna, voglio starle accanto, è mia nipote e mi è legatissima. Farò il possibile perché non le manchi il mio affetto».



Gloria è scossa, prostrata, sfiduciata: «Ho sempre collaborato con gli inquirenti, ho dato ogni volta indicazioni su come poterlo rintracciare». Lo ha fatto per aiutarlo, perché poi Ramon venisse curato, anche se in carcere: «Mi sono fidata di loro, con il mio intuito ho contribuito fattivamente a farlo individuare. Ma poi cosa ho ottenuto? Di vederlo in un letto d'ospedale, in coma. Fossi adesso, non collaborerei più. Nessuna parola di umanità è stata spesa da alcuno nei miei confronti: anch'io soffro. So che mio figlio ha ucciso e che poi si è ucciso. Come può vivere una madre con questo dolore? Voglio reggere, per mia nipote. Ma ho paura di non farcela più».



Ma cosa prova la madre di Ramon per le famiglie delle due vittime? «Non le conoscevo, non so che rapporto avessero con Ramon. Provo orrore per quel che è successo, lo stesso che provo quando vedo cosa accade alle donne che vivono nei Paesi devastati dalla guerra».



Il funerale, l'ultimo atto. «Non ho ancora deciso quando sarà celebrato. Ma sarà comunque in forma riservata». Per l'ultimo saluto solo pochi parenti, i più stretti. Un rito senza intrusi. E poi il tentativo di tornare a vivere, lontano dalla casa di Aiello. «Come posso restare qui? Ormai è la casa del killer, anche se qui non si è mai consumato alcun reato. E io sono la madre del killer, anche se non ho alcuna responsabilità in questo dramma. Cosa avrei potuto fare di più per lui nella mia vita? Forse dargli meno libertà quando era ragazzino? Resta un forse. Senza risposta».
Ultimo aggiornamento: 26 Agosto, 14:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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