Pioggia o sole che sia, il 6 gennaio il Vecchio svelerà i destini del 2018

Martedì 2 Gennaio 2018 di Paola Treppo
Il Vecchio Venerando a Coja di Tarcento
TARCENTO (Udine) - Pioggia o sereno che sia, il 6 gennaio prossimo, il Vecchio Venerando svelerà i destini del 2018 ai piedi della pira più grande e maestosa del Friuli Venezia Giulia, a Coja di Tarcento, dove fumo e faville del Pignarul Grant coccoleranno col loro calore l'unico angolo sopravvissuto del vecchio castello della Riviera pedemontana.

Il meteo non promette bene per questa magica e misteriosa dodicesima notte, quella più attesa, quella più sentita dalla comunità delle Valli del Torre e di tutto il Friuli Venezia Giulia, forse più del Capodanno, forse più del Natale: perché è una festa ancestrale, che unisce tutti, al di là dell'età, della condizione economica, della modernità e della tecnologia; perché è un tempo, questo, che non ha epoca né data né spazio. Né connotazioni religiose codificate. Che non nasce dallo scritto o dalla razionalità ma dal cuore e dalla memoria collettiva, che è unica e in cui ognuno, istintivamente, si riconosce e si perde. Per poi ritrovarsi.

Così, anche se in quella notte il cielo si riempirà di nuvole e rovescerà, inclemente, le sue acque torrenziali su queste terre al confine, sulle "ville slave", dove un tempo si parlava lo slavo arcaico e oggi il friulano, sui falò propiziatori dell'Epifania, il Vjeli, al secolo Giordano Marsiglio, si avvierà comunque, piano piano, con le scarpe di pezza ai piedi, dalla piazza di Tarcento, alle 18.30, con le fiaccole accese, da viale Marinelli, per raggiungere mezz'ora dopo la grande pira di Coja.

Non importa se pioverà o se nevicherà. Lui, l'uomo con la folta barba bianca che legge i segni della natura, che scruta serio il cielo e i corsi d'acqua cercando risposte a mille eterni perché, non si farà spaventare dal maltempo. Il falò sarà acceso, con le fiaccole, quelle portate dai bambini, simbolo dell'innocenza, del nuovo, del futuro e della speranza.

E da quella pira infuocata, sulle alture della Riviera di Coja, cui seguirà l'accensione di altri 15 pignarui tra Tarcento, Magnano in Riviera e Lusevera, che sarà svelato il vaticinio, tutto pagano, del 2018: i destini che ci attendono, nel bene e nel male, nei prossimi 12 mesi. A nessuno, in paese, nella valle, importa del meteo. Il rituale della lettura delle fiamme, del fumo e delle faville del falò del 6 gennaio è più importante di un ombrello, del freddo e del vento. Permane, qui più che altrove, in Friuli, quel senso di unione attorno al fuoco, nei giorni più bui e più corti delle stagioni, nella testarda certezza che il nuovo anno, appena iniziato, porterà solo che bene. E che darà coraggio e forza, in ogni caso, pure nelle avversità, anche se il vaticinio del Vjeli non sarà clemente, ma crudo e doloroso. 
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