Friuli, emergenza gioco d'azzardo: «In terapia per salvare la mia vita»

Lunedì 22 Ottobre 2018
Friuli, emergenza gioco d'azzardo: «In terapia per salvare la mia vita»
UDINE - Due milioni contro la ludopatia. Un problema che mina le famiglie e devasta l'esistenza dei singoli. Un ex giocatore confessa: Sono entrato in terapia per salvare la mia vita»

La Conferenza Stato Regioni ha dato il parere positivo sul decreto che ripartisce il Fondo per il gioco d'azzardo patologico del ministro della Salute destinato a prevenire, curare e riabilitare le persone che hanno questa dipendenza (legge 2015/208). Il Fondo ammonta a 100 milioni di euro. Al Friuli Venezia Giulia spettano poco più di 2 milioni di euro, ovvero il 2,06% della quota d'accesso del riparto ripartito sulle due annualità. Sono numerosi e in aumento, in regione, gli utenti presi in carico dalle strutture, dai Sert al centro di terapie di Campoformido che dall'inizio della sua attività ha seguito oltre 200 persone e la terapia di gruppo si rivela il trattamento più efficace. I due milioni in arrivo da Roma andranno incontro alle esigenze delle strutture per seguire gli utenti affetti da gioco d'azzardo patologico.

 

L'IDENTIKIT
Con 10mila sedute all'attivo, il dottor Rolando De Luca traccia l'identikit del giocatore patologico. «Per il 63 per cento i giocatori sono sposati o convivono; il 41 per cento è in possesso di un diploma e il 5 per cento di laurea. I giocatori che vediamo provengono per l'88% dal Friuli Venezia Giulia; per il restante 11 per cento dal Veneto, l'1 per cento da altre regioni». Mentre in passato i giocatori puntavano ai casinò, oggi il 33 per cento pigia i tasti delle slot machine, spesso disponibili negli esercizi pubblici anche sotto la porta di casa. Se l'8 per cento ha meno di 30 anni, il 30% va dai 40 ai 50 anni e il 25% ha tra 50 e i 60 anni. A sottolineare l'importanza delle terapie di gruppo è anche la massiccia partecipazione dei familiari. Infatti il 92% dei giocatori partecipa ai gruppi assieme a componenti della propria famiglia e il 21% dei familiari partecipa senza la presenza del giocatore.
LE FAMIGLIE
«Questo significa spiega De Luca - che le famiglie sentono altrettanto forte, se non in misura maggiore rispetto ai giocatori, la necessità di partecipare ai gruppi, in qualche modo anticipando il lavoro sulle relazioni all'interno del contesto familiare». Infine il dato forse più significativo: la percentuale di abbandono tocca solo il 4%. «Inoltre aggiunge - da quando sono stati attivati i gruppi a Campoformido non si è verificato nessun suicidio tra i partecipanti. Il 92% dei giocatori che partecipano alla terapia non gioca più d'azzardo. La naturale conclusione della terapia riguarda 175 persone, tra ex giocatori e familiari. È evidente -conclude - che i dati riportati, pur rappresentando una tendenza, non possono essere considerati definitivi; ci sentiamo invece di poter sostenere con certezza che la terapia di gruppo per i giocatori e per le loro famiglie rappresenta uno degli strumenti più adeguati per affrontare la dipendenza da gioco d'azzardo, un problema sempre più emergente nella nostra società».
IL RACCONTO
Ne è la dimostrazione questa testimonianza di un giocatore dopo 4 anni di terapia. «Inizialmente c'era molto scetticismo da parte mia nell'affrontare la terapia perché, come accade di solito, nessuno ammette di essere malato o comunque di avere un problema di dipendenza. Dopo una serie di promesse non mantenute ho accettato di entrare in terapia per salvare la famiglia, il nostro rapporto, la mia vita. Mi sono trovato di fronte ad un bivio: o continuare la vita così come la conducevo o recuperare i valori della famiglia, i figli, una vita onesta, dedita al lavoro onesto, insomma riappropriarmi della vita. Così pian piano, grazie a questo centro di terapia, all'aiuto di mia moglie e del dottor De Luca ho iniziato questo percorso molto difficile. Perché questa che oggi può sembrare una cosa molto semplice, non è una passeggiata - racconta -. Ci sono stati dei momenti molto difficili sia dal punto di vista emotivo sia dal punto di vista del sacrificio stesso. È stato un periodo molto duro e molto buio. Si perde la misura della vita, si crede di essere sempre dentro a un casinò dove tutto è ovattato, il mondo esterno non esiste ci sei solo tu con la tua possibilità di vincere, di perdere. È una sottospecie di vita, e lo si capisce solo venendo qui, mettendosi in gioco in prima persona. Credo ci sarà ancora molto da lavorare perché la vita comunque deve essere affrontata giorno per giorno con animo e spirito sereno».
Lisa Zancaner
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Ultimo aggiornamento: 12:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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