Quel falò dove ci si innamora, dove danzano le anime degli antichi avi

Venerdì 5 Gennaio 2018 di Paola Treppo
Il pignarul sul monte Cjampeon

TARCENTINO (Udine) - È forse uno dei luoghi più suggestivi e misteriosi di Tarcento, il borgo di Sammardenchia, con i suoi Pannelli della memoria, con la sua gente forte e piena di energia, coi suoi boschi dove, si dice, vivono folletti e gnomi. O forse sono solo gli spiriti di chi, tanti e tanti anni fa, abitò questi luoghi tranquilli, lontano dalla confusione della modernità, vicino alla natura, immersi nella silenziosa musica delle fronde degli alberi. Qui la storia dei pignarui epifanici è antichissima.

Le voci dei costruttori antenati delle pire del 6 gennaio, udite e tramandate oralmente di generazione in generazione, riecheggiano anche oggi, per chi le sa ascoltare. La comunità di Sammardenchia si stringe ancora di più nei giorni che precedono la dodicesima notte, per costruire un falò sullo sperone del monte Cjampeon, tra Tarcento, Montenars e Artegna. 

​Questo è senza dubbio un luogo speciale, poco noto, frequentato da pochi. Si raggiunge solo con una strada di bosco, molto impervia. Percorrerla a piedi ci vuole un'ora. Lassù i pignarulars ammassano tutta la legna per creare una vera e propria opera d'arte: una scultura, questo pignarul, tanto è ingegnosa la modalità della sua costruzione, poi data alle fiamme all'imbrunire, d'improvviso, il 6 gennaio. L'altezza varia di anno in anno, arriva fino a 14 metri. 

​Si raccontano storie fantastiche sul pignarul del monte Cjampeon: che la notte dell'Epifania faccia saltar fuori dal bosco i folletti, che gli spiriti della natura danzino intorno al fuoco, acceso con le fiaccole, ritualmente, da non più di trenta giovani. E un po' è vero: tante persone si sono conosciute intorno alle fiamme di questa grande pira, ragazzi e ragazze che si sono innamorati e che poi si sono sposati. Amori nati con il fuoco, cuori rimasti letteralmente infiammati. Del resto, cosa può legare e fondere più della fiamma? 

«Sul Cjampeon, in questa notte magica - dicono i ragazzi di Sammardenchia -, non puoi sentirti solo. Percepisci delle presenze.

Sarà la suggestione, sarà che questo spazio è incantevole, sarà che qui, per secoli, hanno lavorato i nostri avi, di cui ripetiamo i gesti, per mantenere l'identità della nostra terra e di quello che siamo, per sentirli sempre nei nostri cuori. Sono loro che ci guidano, tutti i giorni dell'anno». 

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