Condannata per l'omicidio colposo
del ragazzo, denuncia anche il papà

Venerdì 16 Settembre 2016 di Paola Treppo
Un frame dalla trasmissione Chi l'ha visto di Rai Tre
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RONCHIS (Udine) - Rosanna Tabino di Ronchis, che ha patteggiato 21 mesi per omicidio colposo per la morte del 23enne di Portogruaro Marco Rizzetto, adesso ha denunciato per minaccia il padre del ragazzo che ha ucciso. Un nuovo colpo di scena, quindi in questa tragica vicenda. 

Iscritto nel registro degli indagati
Con sorpresa, il genitore si è ritrovato iscritto nel registro degli indagati presso la Procura della Repubblica di Udine a seguito di una denuncia presentata dalla Tabino, con procedimento affidato al pubblico ministero Claudia Danelon. L'ipotesi di reato per la quale si procede è minacce. Che cosa esattamente la Tabino imputi a Rizzetto, tuttavia, a ora non è dato di conoscere: è tutto coperto dal segreto istruttorio. Si sa solo che ci si riferirebbe a fatti avvenuti lo scorso aprile. 

Un caso tristemente noto
Marco Rizzetto, la sera del 2 maggio 2014, sta provando la sua Ford Fiesta nella zona industriale East Park di Fossalta di Portogruaro, e procede per la sua strada con diritto di precedenza, quando viene travolto a cento km all'ora da una Volkswagen Passat che manca quello e altri stop. A guidarla è la Tabino, che era in auto con un uomo, Daniele Colautto, anche lui di Ronchis, all’epoca dei fatti consigliere comunale: la conducente giustificherà la sua manovra sostenendo di aver perso la testa perché inseguita da un’altra vettura di cui non si sa nulla. 

Lui fugge via subito 
Colautto fugge dal luogo dell’incidente e la sua presenza verrà scoperta un giorno dopo dagli inquirenti per una confidenza del medico di famiglia della Tabino, altra protagonista della vicenda. L'investitrice infatti, che ha riportato una frattura di una caviglia, dà l’allarme soltanto 45 minuti dopo, chiamando però non il 118, ma il suo medico di base, Angela Scibetta. Questa ultima, a sua volta, giunta per prima sul posto, chiama solo a distanza, verso la vettura del giovane, senza vederlo o visitarlo. Alla fine, dopo un’ora e mezza dallo schianto, avvenuto tra le 21.30 e le 21.45, arriverà l’ambulanza; il medico della guardia medica non potrà che constatare il decesso del ragazzo.

Il patteggiamento
Per l'omicidio colposo ha già patteggiato 21 mesi, ed è rimasta aperta la vicenda giudiziaria legata a tutti i ritardi: su questo si sta battendo la famiglia di Marco, assistita da Studio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali, a tutela dei diritti dei cittadini, a cui i Rizzetto si sono rivolti, attraverso il consulente personale Diego Tiso, per avere giustizia.

La condanna
Colautto è stato rinviato a giudizio e condannato a 4 mesi per l'omissione di soccorso nei confronti della Tabino che ha causato l'incidente e la morte del 23enne. Il pm della Procura di Pordenone che segue l'inchiesta per l'omissione di soccorso nei confronti del giovane, infatti, Monica Carraturo, ha chiesto già due volte l'archiviazione a fronte del fatto che Marco sarebbe morto sul colpo e quindi verrebbe meno l'oggetto del reato: «Interpretazione che, però, non è condivisa da tutta la giurisprudenza, non mancando le sentenze di condanna anche in questa circostanza - spiega in una nota lo Studio 3A -. Il fatto è che non vi è alcuna certezza in merito al decesso istantaneo: Colautto se la dà a gambe, la dottoressa Scibetta, come detto, non si accerta delle condizioni del ragazzo, il dottore della Guardia Medica, arrivato ore dopo, non effettua alcuna verifica dei parametri post mortem e, soprattutto, anche a causa di tutte queste situazioni, sulla salma non viene disposta l'autopsia. Anzi, secondo una perizia di parte della famiglia, il ragazzo avrebbe agonizzato dai 30 ai 60 minuti, e quindi si sarebbe potuto soccorrere e forse anche salvare».

Come procede il processo 
«Nell'udienza del 12 luglio, in cui è stata discussa la seconda opposizione all'archiviazione, ci si è battuti per il rinvio a giudizio di Colautto e, in second'ordine, è stato chiesto alla Procura di Pordenone di effettuare ulteriori accertamenti medico legali per stabilire con certezza se la morte del ragazzo sia sopraggiunta o meno sul colpo: i familiari, sia pur in modo molto sofferto, hanno anche dato il loro assenso alla riesumazione della salma. Il giudice, Piera Binotto, si è riservata la decisione, che i familiari e Studio 3A, dopo aver portato il caso anche a “Chi l'ha visto?”, stanno ancora attendendo con ansia».

Un padre distrutto 
«Queste persone vorrebbero che su questa vicenda scendesse un silenzio “tombale”, ma nella tomba c'è mio figlio. Io non mi fermerò finché non sarà chiarito una volta per tutte come sono andati i fatti di quella sera e non avrò ottenuto giustizia per mio figlio: gliel'ho giurata al capezzale della sua bara» dice il padre di Marco, Giorgio Rizzetto. Per noi genitori di Marco è inaudito e incomprensibile che Colautto, rimasto illeso, venga condannato per omissione di soccorso solo nei confronti della Tabino, e che questa abbiano anche la sfrontatezza di denunciarmi». Il papà di Marco preannuncia un’altra querela per omissione di soccorso dopo quelle già presentate nei confronti di Colautto e della Scibetta, questa volta contro la stessa Tabino, «che non si è mossa dalla sua macchina, pur non essendo immobilizzata né bloccata dentro e, soprattutto, non ha chiamato i soccorsi, che la legge impone sempre di allertare, anche se uno non fugge, come confermato da più sentenze». 

Ultimo aggiornamento: 13:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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