Alessandro e Katia, giovani eredi di cent'anni di tradizione contadina

Domenica 7 Gennaio 2018 di Paola Treppo
Alessandro e Katia Mattelicchio nella frasca di Risano
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PAVIA DI UDINE - Arrivava dalla piccola borgata di Purgessimo di Cividale del Friuli, una frazione al confine con le terre delle Valli del Natisone, Angelo Mattelicchio, dove faceva il coltivatore. Erano gli inizi del secolo scorso. Tutta la discendenza della sua famiglia porterà avanti la sua tradizione, tra alterne vicende, passando da paese in paese, sempre con la voglia di migliorare, di creare qualcosa di buono e onesto da lasciare a figli, nipoti, pronipoti.
 

 


E Angelo è riuscito nel suo intento perché, dopo oltre cento anni, Alessandro e sorella Katia oggi conducono con successo una realtà di accoglienza che conta un agriturismo, uno spaccio e un’azienda agricola nella frazione di Risano, a Pavia di Udine, una borgata che confina con il vicino comune di Mortegliano. Terre fertili, coccolate e anche sacre, con l'antica chiesa della Santissima Trinità di cui sono custodi.

Lui Alessandro, 38 anni, è agricoltore «da quando sono nato», racconta pieno di entusiasmo, mostrando una delle sue “creazioni”, un lungo salame che adagia con molta attenzione sul banco del chiosco. Lei, Katia, 36 anni, dopo la formazione scolastica e una prima esperienza lavorativa fuori dalla famiglia, non ce l’ha fatta a stare lontano da Risano ed è tornata nella terra dei suoi genitori. Lavorare dalla mattina alla sera non la spaventa: «Amo stare in mezzo alla gente, amo il contatto con le persone e la socialità che si crea nei luoghi pubblici dove ci si incontra e si chiacchiera del più e del meno davanti a un buon bicchiere di vino e a una tartina - dice -. Se poi offri a clienti e amici i prodotti del tuo lavoro, del tuo sudore, la soddisfazione è impagabile».

Lavorano tutto il giorno 
«Non importa se bisogna stare in piedi tutto il giorno: in campagna non ci sono orari e non si timbra il cartellino perché animali e colture devono essere seguiti sempre, anche a Natale e a Pasqua». «Chi non è nato in una famiglia di contadini non può comprendere - fa notare la giovane, che non esita ad aprire la porta dello spaccio anche se ha appena chiuso il portone e sta per dedicarsi ad altre incombenze in azienda -; la gente pensa che i contadini sono dei ricchi, perché da chi guarda distrattamente i campi vede solo grandi trattori. Pensa che costano molto. Ma non sa quanto lavoro c’è dietro a quella macchina, quanti sacrifici, quante cose da pagare, quante tasse. Noi andiamo avanti con passione. Se questo lavoro non lo ami, non lo senti dentro, nel cuore, non puoi farlo. È duro, faticoso. Ma ti ripaga. I nostri genitori ce lo hanno insegnato ed è vero».

Da Cividale a Santa Maria 
Tutto comincia con Angelo, da Purgessimo; sono famiglie numerose, come erano un tempo tante, nelle campagne e nelle borgate: 9 sono i suoi figli. Tutti si spostano dal Cividalese a Mereto di Capitolo di Santa Maria la Longa, dove continua l’attività contadina. Nel 1962, Alfieri e Vincenzo, due dei figli, arrivano a Risano che è un abitato a ridosso di Udine ma che mantiene ancora una forte identità locale. I figli di Angelo, Vincenzo e Alfieri, fondano qui due aziende diverse, ma unite, e si danno una mano. Si coltiva cereali ed erba medica; si allevano mucche e animali da cortile.

L'apertura della frasca 
Il figlio di Alfieri, Aldo, si sposa a Risano con una ragazza del paese, Carla, che porterà avanti l’azienda, con l’apertura della frasca nel 1993, fino al passaggio del testimone, con Alessandro e Carla, i loro figli. Lo spaccio agricolo che si trova oggi a Risano, “Tal Borc”, apre tra il 2005 e il 2006: «Non si può restare ancorati al passato ma adeguarsi, seguire le tendenze nuove del turismo slow - dicono i due fratelli -; la gente cerca prodotti a chilometri zero, salumi e verdure genuini, e vuole degustarli là dove “nascono”. Da qui la scelta, raccogliendo l’eredità dei nostri avi, di portare avanti la trazione della coltivazione, del mestiere del norcino, della cura e dell’amore della terra».

Nel vecchio fienile 
I prodotti tipici sono il vino, i salumi, gli ortaggi, la brovada grattugiata. È un tipico locale friulano dove l’accoglienza e la spontaneità sono di casa. L’agriturismo è stato ricavato in un rustico ristrutturato da una vecchia stalla; vi si accede da uno splendido portico. Sulle mura del cortile sono stati sistemati numerosi attrezzi agricoli antichi; Alessandro sa tutto di questi oggetti: anche se è giovane, studia il loro vecchio impiego ed è capace di spiegare come venivano usati dai nonni; li pulisce e ne raccoglie più che può, per mantenere la memoria di chi lavorava la terra senza usare i trattori moderni di oggi.

Un museo della civiltà contadina
Quasi un museo della civiltà contadina, tra lo spaccio che profuma di verdura fresca, di stagione, di salumi e rape acide, e le targhe che Alessandro si è guadagnato partecipando, e vincendo, a numerosi concorsi. L’ambiente è piccolo, raccolto, e l’azienda, ai margini del borgo di Risano, si affaccia su una strada sterrata da cui si può partire per fare lunghe passeggiate. Non basta: tolti gli stivali e smesso il grembiale, Katia si dedica alla vendita dei “gioielli” della sua terra nei mercati di paese: la bancarella con le delizie dell’azienda di famiglia spicca nelle feste agroalimentari, come quella dell’Oca e del vin novello di Lavariano. Contadini e commercianti, insomma, perché in frasca si può bere e comprare anche l’orgoglio di Alessandro, lo spumante di “Pipinot”.

Custodi della chiesetta campestre
La famiglia Mattelicchio non si occupa solo di campagna ma è anche la custode della chiesetta campestre della Santissima Trinità di Risano che sorge a pochi passi dalla frasca. Normalmente l’edificio sacro è chiuso ma si può visitare chiedendo le chiavi ad Aldo bussando all’agriturismo. O si può vedere nei giorni della festa del paese, che cadono il 26, 27 e 29 agosto di ogni anno. Per il resto è uno scrigno d’arte sacra, cui la comunità locale è legatissima, che si “concede” solo per matrimoni e per ricorrenze eccezionali, ad esempio per i trentennali o i ventennali delle coppie che si sono sposate lì, o per manifestazioni come Ville Aperte.

La chiesetta conserva testimonianze singolari e arredi sacri che ormai sono diventata una rarità. Come i vecchi portacandele in legno, in disuso perché pericolosissimi per gli incendi, e la lanterne che una volta si usavano nella festa del santo patrono, con l’apposito porta lumino, tutte di tela: una chicca, anche queste messe "in soffitta" da decenni perché pericolose, sempre perché potevano causare devastanti roghi, ma anche per la loro connotazione decisamente pagana.

Ultimo aggiornamento: 8 Gennaio, 15:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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