«La situazione profughi è gestibile
e l'accoglienza non è un vitalizio»

Mercoledì 15 Giugno 2016 di E.B.
«La situazione profughi è gestibile e l'accoglienza non è un vitalizio»
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TRIESTE - Sono state 909 le presenze tra richiedenti asilo e rifugiati in città nel mese di aprile. Numero che si riduce ad 844 al netto dei trasferimenti. Il picco, tra settembre 2015 ed aprile 2016, si è registrato a novembre con 1.114 presenze. A fornire un mini-report di «dati autentici, non mistificati nè interpretati per smitizzare quell'alone di mistero che alleggia sui profughi» sono Caritas e Ics (consorzio italiano di solidarietà). Per i rappresentanti delle due realtà che collaborano fattivamente con le istituzioni locali si tratta di «numeri gestibili» ben lontani dall'emergenza a fronte di un «sistema che funziona, merito anche di due enti gestori esperti che lavorano in questo campo da più di 14 anni».  I richiedenti asilo sono il 68,16%, i titolari di protezione internazionale il 29,85%. La maggior parte proviene dall'Afghanistan (45,16%) e dal Pakistan. Si tratta soprattutto di persone tra i 18 e i 35 anni e fra i 26 e i 35. Soprattutto donne (52%). Sono stati accolti circa 20 nuclei famigliari, numero in aumento.

«Mai ceduto a logiche di tipo emergenziale» chiarisce Gianfranco Schiavone dell'Ics sottolineando come invece si sia puntato sull'accoglienza diffusa (70,51%) per stabilizzare il sistema al contrario di quanto avviene mediamente in Italia. Chiarito che «l'accoglienza non è un vitalizio ma riguarda il tempo necessario all'esame della domanda d'asilo e per un tempo successivo di sei mesi» si tratta di «aiutare le persone a trovare un percorso di autonomia». Resta il problema della redistribuzione dei migranti su tutto il territorio regionale: «Non abbiamo guardiani di pecore - è stato detto - ma operatori formati che trattano i richiedenti asilo come persone». Uno degli obiettivi è che i richiedenti asilo non siano nullafacenti ma che vengano, tutti, impiegati in qualche attività utile alla società: «Le occasioni però devono partire da enti e associazioni».
 
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