Emilio Solfrizzi è il "Borghese
Gentiluomo" tra risate e ironia

Mercoledì 22 Novembre 2017 di E.B.
Emilio Solfrizzi è il "Borghese Gentiluomo" tra risate e ironia
TRIESTE - Emilio Solfrizzi vestirà i panni del Borghese Gentiluomo sul palcoscenico del Teatro Bobbio dal 24 al 27 novembre. L'esilarante mattatore con la sua travolgente ironia sarà il protagonista della celebra farsa di Moliere in due atti che narra di un ricco borghese, interpretato dal comico barese, volto noto del cinema e del piccolo schermo, il cui sogno è diventare nobile. In un susseguirsi di situazioni farsesche, ora chiassose poi allegre, l'aspirante borghese finisce vittima di molteplici inganni da parte di adulatori e scrocconi. Per conquistare i tanto desiderati titoli che non possiede ingaggia una serie di maestri esperti di varie arti – dalla musica al ballo, dalla scherma alla filosofia – affinché lo istruiscano a dovere. Scelta che scatena una divertente ed assurda rivalità tra insegnanti: ciascuno di loro infatti, per carpire quanto più denaro possibile al facoltoso signor Jourdain, tenta di convincerlo con l'adulazione che la propria scienza rappresenta il fondamento imprescindibile per essere un vero gentiluomo. Altro personaggio chiave della comédie-ballet è la moglie di Jourdain, interpretata da Anita Bartolucci: donna pratica e razionale che cerca di aprirgli gli occhi e di farlo rinsavire.

Alla coppia fanno da contraltare i due rispettivi servitori, a loro volta innamorati: la simpatica servetta Nicole i cui panni sono indossati da Lisa Galantini e il servo Coviello, impersonato da Cristiano Dessì. «Come l’avaro, come il malato immaginario, come l’ipocrita Tartufo - spiega il regista Armando Pugliese  - anche questo borghese che sogna di diventare un gentiluomo è, nella cultura letteraria europea, un archetipo: è il modello esemplare e imprescindibile del nuovo ricco, dell’arrampicatore sociale, dell’ambizioso che pretende di comprare col denaro quei meriti e quei titoli che non avrà mai”. L'ambientazione, prosegue il regista, riguarda un tempo indefinito: «Non è la Francia del Seicento, dunque, ma piuttosto un non luogo e un tempo che ci risulta familiare, perché attraversando una cultura ormai geneticamente assimilata, ci fa riconoscere i giorni nostri».
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