Referendum sull'autonomia, Serracchiani contro il Pd veneto

Domenica 1 Ottobre 2017 di Maurizio Bait
Referendum sull'autonomia, Serracchiani contro il Pd veneto
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«L'autonomia è una cosa seria, ma per sapere come la pensino i veneti non serviva un referendum». Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia, riconosce le aspirazioni dei vicini a Nordest, sa che il Pd veneto si è schierato a favore della consultazione (anche se con qualche distinguo) e, del resto, il sentimento pro-autonomia è confermato anche dal recente sondaggio Demos per Il Gazzettino, ma non nasconde i rischi di un processo del genere.

Presidente Serracchiani, dica la verità: cosa pensa per davvero di questa iniziativa del suo collega Luca Zaia?
«Si poteva evitare. E spiego perché non era necessaria una consultazione popolare: le urne non servono per sapere che l'aspirazione a una maggiore autonomia è da lungo tempo connaturata alle comunità del Veneto. E sapendo ciò, si poteva passare direttamente alla trattativa con lo Stato attivando l'articolo 116 della Costituzione».
 
D'accordo. Ma perché i veneti non dovrebbero diventare speciali come friulani e giuliani.
«Non è questo il punto. Non è in questione se sia giusto o sbagliato. L'autonomia è il risultato di un processo che dev'essere governato in ogni sua fase affinché si riveli autentico ed efficace».

Altri parlano di privilegi, ma lei ha spesso rimarcato i doveri e le responsabilità dell'autonomia speciale. Se andrà bene al Veneto, dovranno misurarsi anche loro con tale condizione.
«Certo. Confido se ne rendano conto. Vero è che sulle Regioni speciali si dicono molte cose non corrette e spesso ai limiti della mitologia».

Per esempio?
«Si dovrebbe sapere che il Friuli Venezia Giulia non gode di trasferimenti finanziari aggiuntivi dallo Stato, come troppo spesso si crede o si dice. Ed esercitare la competenza primaria sulla Sanità, sugli Enti locali e sul trasporto pubblico locale significa che le risorse devoyno uscire dalle tasche dei nostri cittadini. Chi amministra queste risorse deve poi renderne conto alla sua gente».

 Se il Veneto diventasse per davvero autonomo, allora tutto il Nordest lo sarebbe. Si prefigura la prospettiva di una macroregione speciale?
«La specialità non è omologazione e le identità non possono essere compresse oltre un certo limite per ragioni economiche o di razionalizzazione amministrativa».

Quindi?
«Una cosa appare chiara: una macroregione, che inizialmente doveva comprendere tutto il Nord Italia e successivamente il Nordest, è contraddittoria rispetto all'ambizione di un'autonomia regionale. Resta però vero che rimangono ampi spazi per rafforzare la collaborazione e le sinergie fra Regioni dotate di maggiore autonomia. E allora ben venga lo sviluppo di nuove progettualità in tal senso».

Con un Veneto speciale Zaia afferma che Sappada e Cinto Caomaggiore non chiederebbero di andarsene.
«Bisognerebbe chiederlo alle popolazioni di Sappada e Cinto, che da secoli si riconoscono nell'identità friulana e pertanto rivendicano legittimamente tale appartenenza».

Va bene. Ma dopo Sappada e Cinto, se il Veneto resta ordinario, assisteremo a una valanga di richieste di annessione al Friuli?
«La realtà è che i casi di Sappada e Cinto presentano caratteristiche peculiari e molto ben identificate. E non dimenticherei che passaggi di questo tipo sono avvenuti anche tra Regioni ordinarie. Credo perciò che sia sinceramente improbabile la prospettiva di un Parlamento sottoposto a un tour de force per altri tentativi di aggregazione al nostro Friuli Venezia Giulia».

Se l'autostrada A4 aggrega le forze di Veneto e Friuli Venezia Giulia, non c'è soltanto il Tiramisù a rinfocolare i campanilismi. Il Porto franco di Trieste (vedi la delocalizzazione decisa dalla pordenonese Seleco) può scippare imprese al Veneto?
«Il Porto franco non nasce per scippare prede a nessuno. Piuttosto è vero il contrario: serve ad attirare imprese, investimenti e merci che non sarebbero mai venute in territorio italiano, ma che più probabilmente avrebbero imboccato la strada di scali comunque più competitivi in Paesi a più bassa fiscalità».

A proposito di porti: in questi giorni Romano Prodi ha invocato un'autorità portuale unica da Capodistria a Ravenna. In mezzo c'è Venezia. Il Friuli Venezia Giulia ci sta?
«C'è stato fin dall'inizio, visto che il porto di Trieste figura fra i fondatori del Napa, ossia l'associazione che riunisce operativamente gli scali dell'Alto Adriatico da Fiume a Ravenna».

Però finora non se n'è fatto nulla.
«Ma ora la razionalizzazione della portualità italiana introdotta dalla riforma del ministro Graziano Delrio aumenta la competitività dell'intero sistema alto-adriatico. Perciò ci pone in una posizione potenzialmente vantaggiosa rispetto agli scali di Capodistria e Fiume».

Come dire che vogliamo la pace ma prepariamo la guerra?
«No. Ma quando si tratta, non bisogna mai trovarsi in una posizione di debolezza. E noi siamo forti».
Ultimo aggiornamento: 13:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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