Veneto Banca, parla Ambrosini
«Suicida allontanarla dal territorio»

Martedì 14 Giugno 2016 di Roberto Papetti
Veneto Banca, parla Ambrosini «Suicida allontanarla dal territorio»
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Presidente Ambrosini, i soci di Veneto Banca hanno dichiarato di aver pronti 600 milioni da investire nell'aumento di capitale. Un'opportunità per la banca e il territorio o un rischio? 
«Un investimento importante nella banca è per definizione un’opportunità. Diventa un rischio solo nei casi in cui ciò faccia parte di un progetto disallineato dall’imperativo della sana gestione, ma sicuramente non è questo il caso. Credo sarebbe semplicemente suicida, anche in prospettiva, voler allontanare la banca dal territorio, posto che quel tessuto imprenditoriale ne costituisce la principale ricchezza.  L’essenziale è ricercare dinamiche virtuose e rifuggire da rapporti “incestuosi”, a cui l’esperienza passata non è purtroppo estranea».
Avvocato e giurista, Stefano Ambrosini, da 5 settimane presidente di Veneto Banca, misura con attenzione le parole. Il momento del resto è delicato. Il decisivo aumento di capitale da un miliardo della ex popolare veneta è appena partito. Gli occhi del mercato e quello delle autorità di vigilanza sono puntati su Montebelluna, sulle mosse dei soci e su quelle del vertici.
L'associazione dei "grandi soci", che ha largamente contribuito alla vittoria in assemblea della vostra lista all’assemblea del 6 maggio, contesta scarso dinamismo e coraggio al consiglio d’amministrazione da lei presieduto e pare critica nei confronti del management. Cosa risponde?
«Ho già avuto modo parecchie volte di esprimere a tutti i soci la gratitudine per la fiducia ricevuta. Dopodiché l’onere della gestione è a carico degli amministratori, eletti dai soci, certo, ma senza “vincoli di mandato” diversi dall’inderogabile perseguimento dell’interesse della banca. E non è ovviamente interesse della banca e dei suoi azionisti, specie in questo momento, contraddire le indicazioni dell’autorità di vigilanza: l’immediata ricapitalizzazione è una priorità indefettibile».
Come spiegherebbe, in sintesi, a un piccolo socio le ragioni che hanno portato una realtà come Veneto Banca sull'orlo del dissesto? 
«Credo ci sia un insieme di ragioni, a cominciare dalla cattiva gestione anche in termini di “credito facile”. E in proposito ribadisco che le eventuali responsabilità saranno perseguite duramente. Dopodiché anche la crisi generale, e quella del settore bancario in particolare, non hanno certo aiutato, come pure la sempre più bassa marginalità che da tempo caratterizza l’attività bancaria».
Si sente di fare previsioni sull'aumento e sull'ingresso in Borsa? 
«Non mi sento di formulare alcuna previsione, né mi sembrerebbe corretto in questo frangente. In ogni caso chiunque ipotizzi cifre in questo momento lo fa in base a propri auspici, non a dati concreti».
Comunque vada l'aumento, una fusione è inevitabile? E quella con Vicenza è preferibile ad altre ipotesi? 
«Le valutazioni su ipotetiche integrazioni saranno effettuate a tempo debito. Com’è evidente, ogni soluzione presenta dei pro e dei contro: chiunque sarà chiamato a vagliarle, lo farà con la massima attenzione».
Ritiene possibile interventi (warrant o altro) a favore dei vecchi azionisti? 
«Il presidente, dato il suo ruolo, non entra nel merito di soluzioni tecniche, né tanto meno esprime all’esterno le proprie preferenze. E’ un fatto di serietà».
La sensazione, avvalorata anche dai numerosi cambi avvenuti nei comitati e da qualche polemica, è che dentro il cda non regni una grande armonia e che neppure i rapporti tra lei e il vice presidente Schiavon siano particolarmente sereni. Pettegolezzi o realtà? 
«In un consiglio di 14 persone la dialettica è fisiologica. Ci sono persone, poi, che hanno età, modi di essere e storie personali molto diverse fra loro. Devo dire tuttavia che mi si racconta di cda bancari assai meno armoniosi, per cui credo non ci possiamo troppo lamentare».
Lei è diventato presidente anche di Bim: perché questa scelta? Bim, secondo lei, andrebbe tenuta e valorizzata o ceduta?
«Il nostro cda ha ritenuto, a larghissima maggioranza, di indicarmi come consigliere di Bim, che peraltro ha sede a Torino, città dove vivo (sempre meno in questo periodo, a onor del vero…). Immagino che anche questo, oltre al profilo tecnico, abbia pesato. Adesso spetta al consiglio di Bim fare i passi successivi. Ogni altra considerazione è oggettivamente prematura».
Azione di responsabilità: avete convocato un'assemblea sul tema. Lei è un esperto in materia: ci sono le condizioni per avviarla? 
«Gli accertamenti, lunghi e complessi perché ad ampio spettro, sono ancora in corso. Avendone viste tante, a occhio direi di sì, ma è una decisione che spetta all’assemblea. E il mio rispetto verso le decisioni dei soci, qualunque esse siano, è assoluto».
Dica la verità: quando ha accettato di candidarsi alla presidenza, si attendeva di trovarsi di fronte a una realtà così complessa e difficile da gestire? 
«Domanda di riserva?»
Non è prevista...
«Allora dirò che non mi aspettavo certo che fosse facile, sin dalla “campagna elettorale”. Ora come allora il nostro faro è la salvezza della banca e la salvaguardia, per quanto possibile, degli azionisti».
 
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