Ubriaco al volante causò un incidente mortale: «Quella sera ho distrutto due famiglie»

Giovedì 13 Dicembre 2018 di Luca Bertevello
Ubriaco al volante causò un incidente mortale: «Quella sera ho distrutto due famiglie»
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VITTORIO VENETO - Esci di casa, mangi con gli amici. Bevi. Sali in macchina. E ancora ti senti cosciente e nel pieno delle tue facoltà. Torni dalla famiglia, che ti aspetta come ogni sera di ogni settimana. Ma su quella strada, in quei 6 chilometri, succede qualcosa che ti cambierà la vita per sempre. Travolgi due donne, ne uccidi una. E tu, 46 anni, un lavoro, una figlia di 7, una moglie, una vita talmente regolare da apparire noiosa, vacanze sul litorale veneto e in montagna, niente vizi apparenti, amicizie misurate ma importanti, hai chiuso col passato. La tua quotidianità e le tue certezze spazzate via in una sera di pioggia, lungo una strada centrale e inspiegabilmente buia di Vittorio Veneto dove la tua Jeep colpisce a morte una donna di 69 anni e ne manda all'ospedale un'altra. Tu hai  1.6 grammi litro di alcol nelle vene. Che ti piaccia o no, che ne fossi consapevole o meno, è una sentenza che spalanca le porte del carcere, prospettiva fino a ieri inimmaginabile, lontana anni luce da qualsiasi orizzonte visivo. E' accaduto a il 23 novembre.

DRAMMA PERSONALE
Questa è la storia di Fabio De Zotti, il primo automobilista in stato di ebbrezza arrestato per omicidio stradale in provincia di Treviso da quando è stata promulgata la legge. Con la sua Jeep, quella sera, ha falciato e ucciso Letizia Sperti, gelataia di Farra d'Alpago che con un gruppo di amici stava andando alla Trattoria al Sole di via Rizzera. «Ricordo solo di aver visto un bagliore, poi l'impatto. Ricordo di aver accostato dall'altra parte della strada perché era l'unico punto in cui potevo fermarmi. Poi sono sceso e ho visto quelle donne a terra. Mi ero reso conto subito di aver travolto qualcuno e non di aver centrato qualcosa. Non ho mai avuto dubbi. Ho visto una ragazza che praticava il massaggio cardiaco alla donna più grave (piange). Ero lì anch'io, lì sopra. Volevo urlare, ma mi mancava il respiro».
De Zotti è rientrato al lavoro. I colleghi lo hanno accolto con affetto. Un tentativo di tornare alla normalità. «Ci sto provando, i primi giorni non riuscivo neanche a scendere in giardino per raccogliere la legna (piange)». Il corpo senza vita di Letizia è come un fantasma che insegue quest'uomo in ogni angolo della casa, si insinua nel sonno, lo placca, non gli dà tregua. Mai. «Non dormo, non mangio più, è un incubo».

VERITA' NASCOSTA
La ricostruzione degli eventi è difficile, non sempre congrua. «Qualche minuto dopo l'incidente è arrivato un carabiniere, ne ricordo uno solo, un maresciallo forse. Mi ha fatto molte domande. Poi l'alcoltest. Poi mi hanno portato in caserma. Erano le 8. Una pattuglia mi ha accompagnato a casa alle due di notte. Ho saputo che quella donna era morta il giorno dopo (piange)». De Zotti era partito dall'enoteca Peccato Divino, un nome quasi profetico. «Non ho mai avuto la sensazione di essere euforico o ubriaco, mi sono trovato con i colleghi dopo una dura settimana di lavoro. Stavo bene, mi sentivo rilassato. Si chiudeva la settimana. Quando sono salito in macchina, stavo bene, stavo bene (piange)». 

DIETRO LE SBARRE
Ma spesso il destino sa inventare congiure inspiegabili. Come l'incrocio fra due perfetti sconosciuti, in quel momento, su quella strada, con quel particolare stato di alterazione alla guida. E dunque un rischio potenziale si è trasformato in catastrofe. Promotore finanziario, lavoro, casa e chiesa, rare concessioni allo svago, incensurato, patente immacolata, fino a 10 giorni fa. Per De Zotti, oggi, la detenzione è quasi una certezza. Il codice penale prevede per l'omicidio stradale pene fra gli 8 e i 12 anni. Anche partendo dal minimo e scegliendo il rito abbreviato, con lo sconto di un terzo gli resterebbero da estinguere più di 5 anni. Troppi per poter chiedere una misura alternativa al carcere. Nè ci si può aggrappare in alcun modo alle attenuanti generiche (fedina penale pulita, l'assenza di strisce pedonali nella zona dell'incidente, scarsa visibilità, scuse pubbliche e private, risarcimenti) perchè l'aggravante dell'ubriachezza prevale su tutto il resto. Una sfida anche per il suo legale, Simone Marian. Qualche magistrato ha sollevato dubbi di costituzionalità sul punto e la legge è stata sottoposta all'esame della Corte nel tentativo di darle una veste diversa. Ma in questo momento conta poco. «Ho distrutto due vite, mi sto aggrapando alla famiglia, a mia figlia che è tutto, ma sono in pena per mia madre e per i parenti di quella donna. Non riesco a trovare il coraggio di sentirli». Oltre la finestra del salotto il terreno è coperto da un velo di brina, qui, sulle colline di Carpesica. Ma l'inverno, per quest'uomo, deve ancora arrivare.
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