Treviso. Picchia la compagna: non vuole
convertirsi all'Islam e non sa cucinare

Martedì 31 Agosto 2010
(archivio)
TREVISO (31 agosto) - Ha subito per anni le violenze e le minacce del convivente marocchino che voleva obbligarla a convertirsi all'Islam, ma alla fine si ribellata e ha denunciato l'uomo alla Polizia.



Non ha seguito l'invito del leader libico Muammar Gheddafi ad abbracciare la religione musulmana, una donna trevigiana di 39 anni che aveva una relazione con un operaio di 37 anni, dipendente della Gatorade, azienda veneta a rischio di chiusura. Stanca di subire gli abusi, si è rivolta alla squadra mobile e ha ottenuto che il giudice allontanasse il compagno da casa intimandogli di tenersi a 500 metri di distanza da qualunque luogo frequentato.



I problemi erano iniziati dopo quattro anni di convivenza, in un crescendo di episodi di violenza domestica, che hanno avuto per vittime anche i due gatti di casa. Il marocchino non accettava che la compagna non avesse sposato il suo stesso credo religioso e non osservasse il Ramadan. Dal 2006 la donna era dovuta ricorrere più volte alle cure dei sanitari per le ferite procurate dal convivente, a suon di pugni e calci. In una occasione era stata medicata perché l'uomo l'aveva infilzata con una forchetta, in una un'altra era stata presa a bastonate.



Nulla, neppure la cucina, era più in linea con il credo religioso dell'uomo: «Se mi fossi preso una marocchina quindicenne invece di te - aveva detto più volte alla compagna - le cose sarebbero andate diversamente». A far scattare la ribellione è stata l'ultima violenza: il marocchino ha afferrato un coltello di casa e ha ripetuto le minacce. Ai poliziotti la donna ha raccontato che il convivente «voleva da lei la totale sottomissione, come fosse una serva».



Nei confronti dell'immigrato è stato emesso dal giudice un ordine di allontanamento dalla casa familiare, insieme all'obbligo di tenersi ad una distanza di almeno 500 metri da qualunque luogo frequentato dalla vittima. «A tutte le donne che si trovano a vivere la stessa situazione - sottolinea il capo della mobile trevigiana, Riccardo Tumminia - rivolgiamo l'invito a non aspettare, a non accettare minacce di morte, sopruso e violenze ma a denunciare i loro compagni, senza avere paura». Come ha fatto la donna marocchina di 30 anni, picchiata il 23 agosto scorso a Padova dal marito perché sorpresa senza il velo.
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 18:32
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