«Pazienti dirottati dal pubblico allo studio privato»: la condanna è definitiva

Mercoledì 26 Settembre 2018 di Angela Pederiva
Il dottor Gian Antonio Favero
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Diventa definitiva la sentenza penale nei confronti del trevigiano Gian Antonio Favero, ex direttore della Clinica odontoiatrica di Padova. Secondo le motivazioni pubblicate in questi giorni, infatti, la Cassazione ha respinto l'impugnazione del verdetto d'Appello-bis, che aveva visto il patteggiamento del professore a un anno di reclusione (con l'assegnazione di una provvisionale di 100.000 euro a favore dell'Azienda ospedaliera), «per avere dirottato pazienti della struttura pubblica ai propri ambulatori privati». Nel frattempo uno dei centri già controllati dal luminare dell'implantologia ha perso il ricorso in Consiglio di Stato contro la revoca dell'accreditamento istituzionale da parte della Regione. Per quel che riguarda la vicenda penale, emersa nel novembre del 2012 con una denuncia in Procura, Favero era accusato di aver indirizzato i pazienti visitati nell'ospedale pubblico alle cure nelle sue strutture private. Secondo quanto riassumono gli ermellini, in questo  modo sarebbero stati violati fra l'altro il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, le norme sul trattamento dei dati personali, il codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, il dovere di astensione in presenza di conflitto di interessi e le norme relative alle situazioni di incompatibilità personale tra l'esercizio dell'attività sanitaria convenzionata e il rapporto di lavoro con il sistema sanitario nazionale.

I PROCESSI
Nel luglio del 2014 il docente era stato condannato dal Tribunale di Padova a due anni e due mesi e al risarcimento di 500.000 euro per i reati di abuso in atti d'ufficio consumato e tentato. Ma nell'ottobre del 2015 la Corte d'Appello di Venezia l'aveva assolto «perché il fatto non sussiste», revocando anche le statuizioni civili. Nel novembre del 2016 questo pronunciamento era stato però annullato dalla Suprema Corte. In occasione del nuovo giudizio in laguna, nell'ottobre del 2017, l'imputato aveva preferito concordare appunto la pena di un anno e la provvisionale di 100.000 euro, con rinvio al giudice civile per la liquidazione definitiva. Proprio in quella sede Favero si era detto fiducioso di poter dimostrare il fatto di non aver arrecato danni al pubblico: «Da almeno due anni aveva detto chiedevo alla Clinica universitaria di dotarsi di particolari attrezzature mediche. Inutile. Ai pazienti, se volevano essere curati, non restava che rivolgersi a cliniche private, tra le quali le mie». Nel frattempo l'ex direttore aveva presentato un altro ricorso alla Cassazione, che però l'ha dichiarato inammissibile, in quanto basato su questioni a cui l'interessato ha «rinunciato in funzione dell'accordo sulla pena in appello». Per questo il 67enne dovrà anche versare 3.000 euro alla Cassa delle ammende.

IL CASO AMMINISTRATIVO
Sulla scia di questa vicenda era scoppiato un caso amministrativo. Nell'aprile del 2015 la Giunta regionale aveva infatti cancellato l'accreditamento al Poliambulatorio Odontoiatrico Riunito, per l'erogazione di prestazioni specialistiche nelle sedi di Conegliano, Oderzo, Treviso e Villorba. La struttura sanitaria risultava controllata al 90% dalla società Gmp, a sua volta detenuta fino all'ottobre del 2014 da Gian Antonio Favero e dal fratello Lorenzo, entrambi legati da rapporto di lavoro con l'Azienda ospedaliera di Padova e dunque considerati in conflitto d'interessi. Prima il Tar del Veneto e ora anche il Consiglio di Stato hanno respinto i ricorsi del centro privato, riconoscendo alla Regione il diritto di «connotare in termini di assoluta e inconfutabile correttezza il rapporto con gli operatori della salute stante anche il valore fondamentale che tale interesse collettivo riveste nel rapporto con la comunità amministrata».
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