La Rom controcorrente: «Dico sì al censimento che vuole Salvini»

Giovedì 28 Giugno 2018 di Annamaria Parisi
Silvana Hudorovic
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TREVISO - «Dico sì al censimento dei campi rom, ma non criminalizzateci tutti». Sono le parole di una matriarca Rom trevigiana. «Non siamo diavoli: invito Matteo Salvini e Luca Zaia a casa mia, per capirci dobbiamo conoscerci. Ricordo quando vivevo dentro alla mia roulotte in compagnia di altri zingari come me. Una volta li chiamavano campi profughi dove il numero degli occupanti, spesso, superava quello dei posti previsti. Il risultato era che le condizioni ambientali alle volte risultavano certamente un po' precarie e allora arrivavano puntualmente i vigili urbani per chiederci i documenti. Noi non ci siamo mai opposti ai controlli», prosegue. Chi parla è Silvana Hudorovic, non una zingara qualunque. 65 anni, 6 figli e 27 tra nipoti e bisnipoti. Da 40 anni non vive più in una  roulotte ma in una casa di sua proprietà, a Treviso dove invita a sorseggiare con lei il famoso caffè tzigano fatto con la schiuma a base di zucchero. «Questa casa l'ho comprata con i risparmi di mio marito che è morto da tempo, era una specie di artigiano». Racconta come con il marito andava in giro per le case a recuperare strasse, ossi e ferovecio, era insomma uno dei primi riciclatori, agli albori del concetto del riuso e dell'arte del riciclo. A sorpresa la rom confida di stimare il neo ministro dell'Interno Salvini e l'idea del censimento.

LE PRECISAZIONI
Ma mette alcuni puntini sulle i: «Questa proposta spaventa per lo più gli zingari che stanno fuori dall'Italia e che vivono negli altri stati Europei. Si ha paura. La proposta del censimento ricorda Hitler, che ci metteva insieme agli ebrei nei campi di concentramento per sterminarci tutti. Adesso si sta facendo un gran tam tam su Facebook. Il risultato è che gli zingari europei, specie quelli austriaci e tedeschi, non vogliono venire qui in Italia. Io invece non temo nulla». 

L'ASSISTENZA
«Sto bene a Treviso dove siamo trattati con dignità dal Comune e dalla gente. Ci danno le case, stiamo bene qui. I miei nipoti e prima di loro i miei figli sono andati tutti a scuola, i miei pronipoti presto andranno all'asilo. Purtroppo però anche se siamo italiani non veniamo considerati come tali. Ma non esiste ancora integrazione, si vive infatti tra due culture, la nostra e la vostra. Siamo arrivati da Capodistria, decenni fa, con la speranza di una vita migliore, ed effettivamente la vita che conduciamo ora, protetti nelle nostre case è migliore di quella di un tempo, anche se ora c'è troppa gentaglia in giro. Anche noi zingari abbiamo paura dei delinquenti. A casa mia, ad esempio, son già venuti a rubare due volte. Strano a dirsi vero?». 

«NON SIAMO PARASSITI»
E quando le si dice che noi italiani il più delle volte si pensa agli zingari come ladri, truffatori e gente che vive, in generale, di espedienti, rivela: «La cosa brutta è che, anche se siamo controllati a livello numerico, legale e sanitario, veniamo sempre considerati come parassiti e gente che non fa alcuno sforzo per integrarsi. Ma non è così. Non siamo angeli ma nemmeno dei demoni, accolgo a casa mia chiunque voglia conoscere il nostro modo di vivere senza pregiudizi. Siamo un popolo pacifico, rispettoso delle tradizioni e molto devoto a Dio, siamo evangelisti. Noi rom abbiamo discendenze dei nomadi che si occupavano dell'allevamento e della vendita dei cavalli, attività questa che si può trovare ancora nel sud d'Italia, e poi lavoravamo prevalentemente il rame producendo pentole, vasi, piatti incisi». 

UN NOME INGOMBRANTE
Eppure per i rom noi italiani siamo apostrofati con una sola parola, i gagé: «Perché state sempre fermi, voi nella nostra lingua, il romani, siete gli altri». Alla fine spiega che vorrebbe cambiare il cognome Hudorovic: «Quando la gente sente che siamo zingari non vuole più dare lavoro a nessuno della mia famiglia e io vorrei garantire un futuro ai miei nipoti».
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