«Quella puzza è intollerabile»: il conte vince la causa

Mercoledì 9 Maggio 2018 di Angela Pederiva
«Quella puzza è intollerabile»: il conte vince la causa
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CARBONERA - L'ha detto la Cassazione: quella puzza era intollerabile. Si è conclusa così, con la sconfitta di Servizi Integrati Acqua (nel frattempo confluita in Alto Trevigiano Servizi), la lunga diatriba giudiziaria per le emissioni acustiche e soprattutto olfattive del depuratore situato fra Carbonera e Lanzago di Silea. Dovranno pertanto essere risarciti i proprietari delle aree contermini, fra cui il conte Aurelio Bianchini d'Alberigo e la sua azienda agricola.

LA VICENDA
Costruito nel 1996 ma entrato in funzione nel 2000, l'impianto era stato contestato da diversi abitanti e imprenditori della zona, i quali avevano chiesto di essere risarciti per quei «rumori fastidiosi e odoro sgradevoli» che si propagavano dalla struttura, «tali da comportare il deprezzamento delle aree di cui erano titolari e un pregiudizio alla loro salute». Nel febbraio del 2011 il Tribunale di Treviso aveva però rigettato le loro domande. A quel punto alcuni, vale a dire il conte Bianchini, la sua ditta Lavori Agricoli Lal e la residente Orfea Longo, si erano rivolti alla Corte d'Appello, che nel giugno del 2013 aveva ribaltato la sentenza di primo grado, condannando Sia al risarcimento complessivo di 50mila euro. I giudici di Venezia, infatti, avevano riconosciuto «l'esistenza di un estremo disagio esistenziale», da ricollegare «alle esalazioni nauseabonde», proseguite fino ad un intervento correttivo deciso dalla proprietà.

L'IMPUGNAZIONE
Quest'ultima, poi incorporata da Ats, cinque anni fa aveva allora impugnato quel verdetto davanti alla Suprema Corte. La società consortile aveva sostenuto che «solo in un'unica circostanza era rimasto accertato l'apprezzamento di esalazioni sgradevoli», che «non fosse stata acquisita alcuna idonea prova» del danno procurato ai confinanti e che l'azione legale era stata intrapresa solo nel 2004 mentre «avrebbe dovuto essere instaurata entro, e non oltre, la fine del 2001». Tutte argomentazioni che sono però state rigettate dagli ermellini, secondo cui la valutazione dei magistrati lagunari era stata corretta.

LE MOTIVAZIONI
Al riguardo sono diversi i motivi citati dalla Cassazione. Per esempio è «verosimile che, in considerazione della natura e della continuità dell'esercizio dell'attività dalle quali esse provenivano e delle condizioni ricorrenti nel tempo in cui esse si propagavano verso gli immobili circostanti, le immissioni in questione erano destinate a conservare un livello di tendenziale intollerabilità», come dimostrato in occasione del sopralluogo dell'ausiliario giudiziale, quando «lo stesso tecnico ebbe a subire un malessere persistito fino a due ore dopo l'intervento sui luoghi». E ancora, «il forte odore sgradevole promanante dall'impianto (...) si diffondeva direttamente all'interno delle abitazioni e degli altri immobili», per cui non poteva esserne messa in discussione la «esistenza ed intollerabilità». Di qui la sussistenza di un danno non patrimoniale, consistito nella «lesione del diritto dei danneggiati al normale svolgimento della loro vita familiare all'interno delle proprie abitazioni e pertinenze e del correlato diritto alla libera, piena e salubre esplicazione delle rispettive abitudini di vita».
Ultimo aggiornamento: 10 Maggio, 11:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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