«Quella destinazione non ci piace» Dietrofront dei profughi, è polemica

Domenica 19 Novembre 2017 di Davide Tamiello
La marcia su Venezia
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VENEZIA - Dopo la gioia, la grande delusione: 30 km di marcia in tre giorni, dopo le notti all'addiaccio, le ore trascorse su un argine del Brenta per contestare l'accoglienza in una base militare (Cona) e quando hanno visto la nuova destinazione, l'ex caserma Serena di Treviso c'è stato il Niet: «Non ci piace, tanta fatica per tornare alle stesse condizioni di prima». Così, trenta migranti tra quei 241 in fuga da Cona hanno rifiutato: 24 sono stati redistribuiti in altre 3 strutture, 6 sono fuggiti per tornare a Mira e poi a Cona. Ma niente da fare: serve una nuova autorizzazione del prefetto. Anche i 14 portati a Jesolo, alla Croce rossa, avevano tentato di fuggire per la frustrazione. Si aspettavano delle case.

Comuqnue a Cona c'è chi pensa di  replicare la manifestazione visto che chi ha aderito, in un modo o nell'altro, è riuscito a cambiare il proprio destino. In 241 avevano lasciato Conetta  (compreso Salif Traorè, il 35enne ivoriano travolto e ucciso da un'auto) e nessuno di loro tornerà. Venerdì mattina, dalle 5 strutture di Mira offerte dal patriarcato di Venezia, sono partiti gli autobus per portare i migranti ribelli alle loro nuove destinazioni.  «Cona non è un lager - spiega il prefetto di Venezia Carlo Boffi - ha 210 mq di esterni e 13mila metri al coperto. Se qualcuno vorrebbe già tornare un motivo ci sarà».

La polemica tocca anche i sindacalisti di Usb, ormai rappresentanti delle istanze dei migranti. E non è un caso che gran parte dei profughi abbia sottoscritto la tessera del sindacato. Ieri sera, a Conetta, si respirava un clima di tensione. Lunedì ci sarà un'assemblea all'interno dell'ex base missilistica

 

Ultimo aggiornamento: 20 Novembre, 08:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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