SUSEGANA (TREVISO) - Un secolo dopo, il Piave non mormora più: ruggisce, minaccia di esondare, terrorizza. Solo in serata il livello è iniziato a scendere seppur lentamente e sarà così fino alle 11 di domani mattina, mercoledì.
Nel giorno in cui il Nordest è stretto nella morsa del maltempo (un morto per il vento a Feltre, migliaia di residenti sfollati in Veneto, centinaia di abitanti isolati in Friuli, 160.000 utenze prive di energia elettrica solo fra le province di Belluno e Treviso, a Venezia record di acqua alta a 156 centimetri), il fiume sacro alla patria fa paura per un altro possibile centenario. Soprattutto qui, a Ponte della Priula, dove il viadotto storico è chiuso da maggio per il restauro e la viabilità alternativa è interdetta da domenica per il meteo, visto che l'acqua prima ha inondato le rampe di accesso al Bailey e poi ha rosicchiato la terra di sostegno e l'asfalto del manto, aprendo un'inquietante voragine nella carreggiata.
«La statistica evidenzia il governatore Luca Zaia dice che nell'arco di 100 anni è altamente probabile un ritorno della piena storica e l'ultima è stata nel 1966»: come a dire che ogni autunno che passa, e da allora ne sono già trascorsi 52, il rischio matematicamente aumenta, tant'è vero che i 500 millimetri di pioggia caduti mediamente nell'arco di 48 ore sono ritenuti dagli esperti un dato comparabile proprio con quello della Grande Alluvione.
PONTE INGHIOTTITO DAL FIUME PIAVE
I NUMERI
Volendo identificare un simbolo di questa emergenza meteorologica, potrebbe essere proprio il Piave, una fisarmonica naturale che in piena estate si restringe a rigagnolo e verso l'inverno può allargarsi a dismisura, come sta succedendo adesso (a Longarone in serata è entrato in zona industriale). «Questo corso d'acqua è in grado di passare da 0 a 3.000 metri cubi al secondo in 10 o 15 ore», annotava Francesco Baruffi, segretario generale del distretto di bacino delle Alpi Orientali, facendo il punto sulle azioni per la sicurezza idraulica dell'asta: 505 interventi di mitigazione programmati dal 2010 al 2017, per oltre l'80% già conclusi e per un costo totale di quasi 109 milioni di euro, stanziati dalla Regione e dallo Stato. La sequenza di misurazioni del transito all'idrometro di Segusino rende perfettamente l'idea: domenica sera 1.350 metri cubi al secondo, lunedì mattina 650, nel tardo pomeriggio 1.270 ma in crescita. Poi a sera, dopo ore di diluvio, 2.000 a Busche. Scatta così lo sgombero notturno lungo tutta l'asta: da Colfosco a Ponte della Priula, da Maserada a Breda, da Salgareda a Ponte di Piave, da Zenson a San Biagio di Callalta, gli evacuati sono 1.500 solo nel Trevigiano. Se i numeri hanno una forma, deve assomigliare a questa ondata limacciosa e fragorosa che dall'alveo consueto si è estesa all'area golenale allagando strade e campi, al punto da dare l'impressione che gli alberi cresciuti negli isolotti di ghiaia galleggino in mezzo a un mare. Al di qua e al di là di questa distesa di acqua e fango, invece, è solo paralisi e silenzio: gli sbarramenti stradali lungo la Pontebbana, sulla sponda sinistra che compete a Susegana e sulla riva destra che spetta a Nervesa della Battaglia, sono una frattura che spezza in due la Marca.
I CURIOSI
La polizia locale e la protezione civile bloccano il traffico, danno le indicazioni, raccolgono gli sfoghi, rincorrono i curiosi. Complice anche la chiusura di tutte le scuole e di alcune aziende (da oggi si ferma pure Electrolux), singoli camminatori e intere famiglie sbucano dagli argini circostanti, si inerpicano sui cigli melmosi e salgono sul bypass provvisorio, ignorando divieti e appelli per fotografare il flusso impetuoso che scorre sotto i loro piedi dopo essersi mangiato il terrapieno e divorato il bitume, lasciando penzolare nel vuoto i pali di acciaio. «Questa eventualità era stata messa nel conto spiega il sindaco Vincenza Scarpa proprio nel caso di una piena. Aspettiamo a vedere cosa succede nelle prossime ore, dopodiché l'Anas è già stata incaricata di effettuare un sopralluogo. Da quello che mi hanno già riferito i tecnici, comunque, dovrebbero bastare un paio di ore di lavoro per riempire il buco e rifare la pavimentazione. Ma nel frattempo la circolazione resta bloccata, con le deviazioni verso gli altri ponti». Nel tentativo di stemperare il fastidio per i disagi, qualcuno ha fatto girare sulle chat una vignetta con Donald Trump che, a bordo di una golf car, chiede consiglio a un passante scimmiottando il dialetto di qua: «Scolta, ne convien andar par Vidor o par Maserada?».
IL PROGETTO
Battute a parte, restano però i serissimi modelli idraulici elaborati dal professor Luigi D'Alpaos, padre del piano anti-alluvioni del Veneto, con quel rischio centenario di piena storica rispetto alla condizione di quasi secca. «Se venisse giù la piena storica ribadisce il concetto Zaia le piante andrebbero a fare da diga incastrandosi sotto i ponti.