Cellulari ai bambini è allarme nella Marca. Un neonato su due ha lo smartphone in mano prima di compiere un anno: «Gravi danni»

Domenica 12 Maggio 2024 di Mauro Favaro
bimbi con il cellulare

TREVISO - Oggi un neonato su 3 si ritrova lo smartphone tra le mani prima di compiere un anno. Il 40% delle neo-mamme lo usa anche mentre sta allattando. E alla fine 7 genitori su dieci rivelano di usare il cellulare, in primis mandando dei video, per distrarre e calmare il figlio già prima dei 3 anni.

Sono i dati che raccontano la nuova era. Confermati anche nella Marca. Il quadro è stato fatto da Marco Grollo, docente, educatore specializzato nell'ambito del digitale e fondatore dell’associazione Media Educazione Comunità (Mec), già impegnata nelle scuole trevigiane, nell’incontro “Custodi digitali - L’educazione digitale dalla nascita” andato in scena ieri a Santa Caterina.

I RISCHI

Si tratta di un nodo cruciale, con effetti che si riverberano nel tempo. Lasciare che i bambini guardino e usino gli smartphone senza controllo fin dai primi anni di vita può portarli a sviluppare disturbi dell’attenzione, problemi relazionali, ansia e un generale aumento dell’aggressività. Il contrasto alle baby gang, se si vuole partire dalla punta dell’iceberg, comincia anche da qui. Anche perchè i numeri dell’Usl in provincia di Treviso sono preoccupanti: quasi il 50% degli studenti trevigiani tra i 13 e i 19 anni (soprattutto ragazze) passa più di 3 ore al giorno davanti allo smartphone. E il 59% dei ragazzi ha provato il gioco d'azzardo online.

AZIONI

«Servono azioni specifiche in base all’età: evitare di tenere lo smartphone in mano quando si è con un bambino che non ha ancora compiuto 2 anni, non comperargli un cellulare con il collegamento a internet almeno prima dei 13 ed evitare che abbia profili social fino ai 15. Ponendo anche dei limiti di tempo – spiega Grollo – sono queste le indicazioni di massima che possono essere date alle famiglie». «È un tema di salute pubblica – aggiunge – la mancanza di relazioni e di esperienze dirette incide in modo inevitabilmente negativo sullo sviluppo dei bambini». In situazioni del genere, come sempre, serve un’alleanza tra famiglie, scuole e altre figure educative. «Tutti gli istituti dovrebbero dotarsi di una specie di cassetta di sicurezza dove riporre i telefonini dei ragazzi per l’intera durata delle lezioni – specifica Grollo – anche se non utilizzato in modo diretto, averlo in tasca o nello zaino rappresenta già un elemento che riduce la concentrazione». Diverse scuole si stanno muovendo proprio in questo senso. Dal mese scorso gli alunni tra gli 11 e i 14 anni delle scuole medie Serena di Treviso devono depositare lo smartphone nelle cassette sistemate nelle aule, dove resta sotto chiave. In altri istituti vengono fatti mettere dentro una scatola che resta sulla cattedra. Ma ci sono anche scuole superiori che stanno pensando di ricorrere alle cassette di sicurezza. Il Planck di Lancenigo, in particolare, ne sta valutando l’acquisto per i ragazzi del biennio, fino ai 16 anni. Qui si potrebbe partire a settembre. «Non si vuole demonizzare internet – sottolinea l'educatore – anzi, nell’ambito didattico può essere ovviamente usato come una risorsa. Ma ci si deve fermare a questo».

ISOLAMENTO

Ieri Grollo ha messo in fila i problemi strutturali legati all’utilizzo di smartphone, tablet e così via già dai primi anni di vita. Non c’è solo un isolamento rispetto alle relazioni e a quello che si ha attorno, ma anche un isolamento dal proprio mondo interiore. Con in mano una finestra sul mondo, poi, si arriva ad avere accesso a contenuti pornografici già nei primi anni delle elementari. Con tutti i relativi rischi nell’ambito dell’affettività e della sessualità. «Se si usa il cellulare mentre si dà da mangiare al bambino, quest’ultimo di fatto non si accorge nemmeno di cosa mangia. Le esperienze ci dicono che nelle scuole dell’infanzia poi si deve lavorare anche per tre mesi prima di riuscire ad abituarlo a stare seduto e a mangiare – tira le fila Grollo – in particolare dopo l’emergenza Covid, inoltre, sta drasticamente calando il tempo che i giovani passano all’aperto. Così come il tempo dedicato al sonno. I social, in più, danno la possibilità di avere un sacco di contatti. Ma il problema maggiore che emerge oggi è quello della solitudine. Sembra un paradosso. In realtà è il segnale che conferma come la questione si inserisce anche in un tema di salute pubblica».

Ultimo aggiornamento: 14 Maggio, 11:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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