L'ex boss in tv. «Maniero non si è pentito per l'omicidio di Cristina» /Video

Giovedì 15 Novembre 2018 di Elena Filini
L'ex boss in tv. «Maniero non si è pentito per l'omicidio di Cristina»
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«Il pentimento di Felice Maniero è solo un cliché. È bravissimo a pentirsi a parole. Ma nel suo cuore regna l'indifferenza». Una risposta tranchant dall'altro capo del filo, che non ammette repliche. Dietro c'è una sofferenza lunga trent'anni. Quella di Michela Pavesi, zia materna di Cristina Pavesi la studentessa universitaria di Conegliano morta a 22 anni il 13 dicembre 1990 sul Bologna-Venezia, all'altezza di Barbarigo di Vigonza a causa di una carica di tritolo. Dietro l'attentato, ennesimo assalto alla diligenza violento e mal calibrato, la Mala del Brenta. 

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La morte di Cristina è un episodio su cui Felicetto è voluto tornare ieri sera nell'intervista realizzata da Roberto Saviano per il programma King's of Crime su La Nove.
 
Qui Faccia d'angelo si è raccontato per la prima volta in una lunga ed esclusiva intervista televisiva, in cui ha ripercorso tutta la sua vita. Tra la metà degli anni '70 e la metà degli anni '90 nessun criminale poteva entrare in Veneto senza il beneplacito di Maniero, che trattava da pari a pari con i boss più potenti di Cosa Nostra, camorra e ndrangheta. Evaso da due carceri di massima sicurezza, condannato per associazione mafiosa e sette omicidi, era noto anche per la sua passione per la bella vita, trascorsa tra yacht e ville con piscina. «Mi tormenta la morte di Cristina Pavesi, la studentessa uccisa durante la rapina del 1990. Alla famiglia vanno le mie scuse» afferma ad un certo punto l'ex boss. Ma le scuse vengono prontamente rispedite al mittente. «Maniero si pente davanti ai riflettori. Non ci ha mai cercato per un incontro privato. Io non porto rancore, so distinguere le persone sincere».
L'INCONTROMichela ha incontrato, lo scorso maggio, Paolo Pattaro. Ex uomo di Maniero, implicato nell'assalto. E lo ha perdonato. «Dopo tutto questo dolore, sono in grado di individuare chi è capace di un pentimento sincero» afferma Michela raccontando il difficile incontro con Pattaro. «Quando ho aperto la porta l'ho visto estremamente turbato. Poi si è un po' rasserenato: è un uomo molto lucido e molto addolorato da questa morte. Ha voluto spiegarmi nel dettaglio la dinamica dell'assalto: pensavano di aver previsto tutto, l'obiettivo era solo il denaro. Con il megafono hanno fatto scendere le persone che erano su quel treno. Non avevano calcolato l'arrivo dell'altro treno, quello su cui viaggiava mia nipote». A Pattaro Michela Pavesi ha creduto. E così a Giampaolo Manca, che dopo 37 anni di carcere, le chiese perdono. «Ho sentito anche ieri Manca, con loro il mio cuore è in pace - conclude Michela - Sono stati segnati profondamente dai loro errori. Ma Maniero è profondamente diverso». E contro il boss si scaglia anche, in una lettera dal carcere di Isola della Scala, Silvano Maritan. «Paolo Pattaro era ossessionato dalla morte di Cristina, ha sofferto moltissimo, e non si capacitava del fatto che i giudici non lo condannassero per quel delitto» scrive.
IL FATTOIl 13 dicembre 1990 infatti Cristina Pavesi viaggiava sul treno Bologna Venezia. Erano le 18,30: tornava da un colloquio per la tesi di laurea. A Barbarigo di Vigonza una carica di tritolo, piazzata dal clan Maniero per rapinare un convoglio postale sul Venezia Milano in direzione opposta, squarcia il suo vagone. Cristina muore sul colpo. Ma l'omicidio non viene mai contestato a Maniero e di conseguenza a nessuno della sua banda. Maritan fu a lungo compagno di cella di Pattaro e ne raccolse tormenti e confessioni. «Parlava sempre di Cristina, aveva giurato che appena uscito sarebbe stato a trovare la famiglia. E così ha fatto. Ma c'è grande differenza tra Pattaro e Maniero. L'uno non si dava pace, l'altro raccontava questo episodio con un mezzo sorriso. No, posso dire con sicurezza che per Cristina Maniero non provò mai nessun vero pentimento».
Ultimo aggiornamento: 09:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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