TREVISO - Un uomo di 35 anni, originario del Mali, ma dimorante a Treviso, è morto oggi, 18 agosto, alle 19 per per un malore dovuto ad arresto cardiocircolatorio in via Roma.
«Stavamo chiacchierando quando ha smesso improvvisamente di parlare. È stato zitto per qualche secondo e poi è crollato a terra davanti ai miei occhi. Non riesco ancora a crederci». Hussein è ancora sconvolto e trattiene a stento le lacrime mentre racconta gli ultimi secondi di vita del suo amico Diakaria Ongoiba, 35 anni, stroncato dall'infarto fulminante mentre era seduto sul parapetto del ponticello davanti all'ex bastione Camuzzi in via Roma.
La dinamica
Il 35enne si era dato appuntamento con alcuni connazionali davanti al caffè Venezia. Aveva appena finito di lavorare. Alle 18,40 era con i primi di loro arrivati in via Roma. «Stavamo parlando del più e del meno - raccontano i suoi amici -, quando Diakaria ha smesso improvvisamente di parlare. Eravamo tutti seduti sul parapetto, e lui è letteralmente crollato, cadendo in avanti. Non ha più preferito parola, non ha fatto in tempo nemmeno a chiedere aiuto». Sulle prime è stato il panico. E i minuti di attesa per l'arrivo dell'ambulanza sono apparsi lunghissimi ai presenti. Che hanno cercato di praticare il massaggio cardiaco al 35enne, ma senza esito: nessun segno del battito dal polso, nessuna ripresa. Quando in via Roma sono arrivati i soccorritori per il 35enne maliano non c'era ormai più alcuna speranza. «I medici ci hanno detto subito che non c'era possibilità di ripresa - racconta Hussein -. Non ci sembra vero si possa morire così, dopo una giornata di lavoro, a 35 anni».
Le ricostruzioni
In via Roma sono intervenuti assieme ai carabinieri anche delle pattuglie della polizia locale. Inizialmente, infatti, si era diffusa la voce di un regolamento di conti: si temeva, insomma, che l'uomo a terra fosse vittima di un pestaggio o peggio ancora. Per questo anche attorno al corpo del 35enne, inizialmente, si sono radunate decine e decine di persone. Le forze dell'ordine hanno dovuto addirittura isolare la zona con del nastro per tenere lontano i curiosi. «Diakaria era un bravo ragazzo, lavorava e si dava da fare - aggiungono i suoi amici -. Ora toccherà a noi avvertire la sua famiglia e i suoi fratelli su cosa gli è accaduto».