Lettera di Fusaro, la sorella di Iole: «Nessuna pietà per quell'assassino»

Domenica 14 Gennaio 2018 di Angela Pederiva
Lettera di Fusaro, la sorella di Iole: «Nessuna pietà per quell'assassino»
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CASTELFRANCO -  Dopo la sentenza di primo grado, trent’anni aumentati all’ergastolo in Appello e poi riconfermati dalla Cassazione, aveva giurato a se stessa che non avrebbe mai preso in considerazione una lettera di Michele Fusaro: «La straccerei». Invece ieri Luisa Tassitani ha voluto leggere tutti gli stralci della lunga missiva pubblicata dal Gazzettino, a cominciare dalla promessa dell’ex falegname di Bassano, recluso a  Padova («Neanche da morto esco da qui»). Parole che non hanno però cambiato l’opinione della 40enne di Castelfranco Veneto sull’uomo che nel dicembre del 2007 sequestrò, uccise e fece a pezzi sua sorella Iole: «Non mi fa nessuna pena». Evidentemente dieci anni di dolore e di rabbia non possono essere cancellati da due pagine, per quanto quelle parole sembrino mostrare sofferenza e pentimento. 

«Se con questa lettera lui riteneva di lavarsi la coscienza o di essere assolto moralmente - sottolinea Luisa - a me non fa proprio nessun effetto. Secondo me l'ha semplicemente scritta dopo aver letto non solo le nostre dichiarazioni in occasione dell'anniversario, come sempre abbastanza forti nei suoi confronti, ma anche i commenti dell'opinione pubblica, indignata per la possibilità di permessi e semilibertà. Così ha voluto mettere le mani avanti. Mi dispiace, ma io in lui vedo sempre il brutto». La consapevolezza del patimento procurato alla famiglia della vittima, i tentativi di suicidio, i tormenti dell'anima, la quotidianità dietro le sbarre, il peso sulla coscienza: gli argomenti usati da Fusaro non riescono a persuadere la sorella di Iole. «Lui sta male? Mi dispiace dirlo in maniera così ruvida, ma sono sincera: a me che lui stia male non importa proprio nulla. E noi invece, come stiamo noi? ».

Papà Luigi e mamma Marisa, l'altra sorella Maria Rosa con la sua famiglia. Mentre i congiunti preferiscono tenere l'amarezza nel loro cuore, quella di Luisa spunta da un sorriso triste. «Condivido una sola cosa rimarca fra tutte quelle che ha scritto Fusaro: deve rimanere là dentro fino alla morte. Ma purtroppo so che questo non succederà ed è inutile che lui dica di non voler usufruire dei permessi, perché non lo decide il detenuto così come non lo decideremo noi: lo stabilirà un giudice sulla base di leggi che permettono anche a chi ha commesso reati gravissimi di uscire dopo un po' di anni». Dopo aver scontato metà della pena, quindi teoricamente fra cinque anni, al netto di eventuali altri benefìci. Sul punto l'ex falegname ha usato toni perentori e tragici nella sua lettera («Mi merito di morire»), ma la donna non ne è affatto convinta. «Dice che piuttosto di uscire si vuole ammazzare? Mi dispiace passare per cattiva, ma a me non interessa niente di lui e non mi sento in colpa nel dirlo. È inutile che adesso lui faccia tutte queste moine, dicendo che non sapeva quello che faceva, parlando tanto del bene e del male, affermando di essere dispiaciuto... Doveva pensarci prima di rovinare una famiglia, tante famiglie, tutte le persone che volevano bene a Iole».

«La vittima», l'ha sempre chiamata il 51enne. «Non cita mai per nome mia sorella - osserva Luisa - mostrando ancora una volta di essere molto furbo, come quando torna a sostenere di aver fatto tutto da solo, invece di dire finalmente la verità. Noi siamo convinti fin dall'inizio che c'è qualcun altro in mezzo a questa storia, anche se non conosciamo ruoli e dinamiche, ma lui dice solo quello che gli fa comodo perché teme che il caso venga riaperto». L'avvocato Roberto Quintavalle, il legale della famiglia Tassitani a cui toccò lo straziante compito di riconoscere il cadavere martoriato della 42enne, concorda su questa valutazione: «Se il suo pentimento fosse sincero, la prima cosa che Fusaro dovrebbe fare è ammettere di aver mentito quando disse che non c'erano complici e che non aveva premeditato nulla, invece vuole solo mettersi in mostra. È apprezzabile che il condannato non abbia chiesto pietà, ma tutto il resto è davvero poco credibile». Luisa Tassitani, la ragazza che promosse invano la raccolta di 50.000 firme contro lo sconto di pena per i gravi delitti, non ce la fa proprio a provare pena per quell'assassino.

 

Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 14:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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