Bosco del Cadore spazzato via, la donazione: «Lo ricostruirò per mio marito»

Venerdì 16 Novembre 2018 di Elena Filini
Bosco del Cadore spazzato via, la donazione: «Lo ricostruirò per mio marito»
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TREVISO - C'è un bosco in Cadore che non ha più abeti. E c'è un uomo che li chiamava per nome e li abbracciava uno a uno. A quest'uomo, il signor Menino Mattiuzzi, fratello del vicesindaco del paese, Giusy De Prà, 88 anni, vuole offrire il suo aiuto dopo il disastro causato dal maltempo nel Bellunese. «Ho deciso di fare una donazione e aprire un conto corrente per ricostruire il bosco di Zoppè. Vorrei dedicarlo alla memoria di mio marito, medico che curò la popolazione del Cadore durante la paurosa alluvione del 1966». Dietro questo atto una storia bellissima. «Eravamo giovani, appena sposati. La mia primogenita Susy aveva 2 anni. E Gloria, la secondogenita, pochi giorni. Eligio era stato mandato come giovane medico condotto a Forno di Zoldo appena terminati gli anni d'emergenza a Longarone dopo il disastro del Vajont. Era il 4 novembre iniziò a piovere giorno e notte». A Zoppè, ai piedi del Pelmo, due donne erano giunte al termine della gravidanza. Serviva un medico. E subito.
L'IMPRESA«Partì a piedi, nel bosco già dilavato, con le strade che stavano diventando fango. Quando arrivò a Zoppè trovò una situazione terribile. Il piccolo comune era ormai isolato. Riuscì con mezzi di fortuna a far nascere i bambini. Ma era troppo tardi per fare ritorno: le strade interrotte, il paese era isolato». Per tre giorni e tre notti Giusy resta in casa senza luce nè riscaldamento e coi viveri ridotti: del marito non c'è traccia. «Al quarto giorno arrivarono i carabinieri a prenderci. Tutte le case stavano crollando: noi eravamo bloccate al terzo piano. Così misero una scala e ci calammo dalla finestra, la piccola Gloria in un cestino». Per altre 48 ore nessuna traccia del marito. «Sentivo ripetere in paese: il dottore è morto. Svenni. È stato terribile: mi trovavo sola con due bambine piccolissime, già potenzialmente vedova». Il quinto giorno il sindaco di Forno di Zoldo parte a piedi con alcuni uomini alla ricerca del medico. «Il pomeriggio successivo lo vidi rientrare in paese, la barba lunga, i vestiti inzaccherati nel fango. Ma era vivo». Lavorò nel fango ancora due mesi, il dottor De Prà, mentre la signora Giusy e le bambine furono mandate dai famigliari nel Trevigiano. «Lo issavano con una carrucola per farlo arrivare nei punti in cui l'alluvione aveva causato smottamenti e frane. Quegli anni sono rimasti per sempre nel suo cuore: anni duri ma pieni di gratificazione, soprattutto per il rapporto con i valligiani».
LE RICERCHECosì quando pochi giorni fa la signora Giusy, nella sua casa di via San Nicolò, ha visto in televisione la storia del bosco ferito, ha voluto intervenire e offrire il proprio aiuto. «Mi sono messa in contatto con la Rai per poter rintracciare il fratello del vicesindaco, l'uomo che abbracciava gli alberi». E così, in un pomeriggio, è avvenuta la triangolazione. «Ora attendo che il mio istituto di credito mi ragguagli sul modo più veloce e sicuro per aprire un conto dedicato, soprattutto perchè, oltre alla mia donazione, molte altre persone mi hanno contattata per supportare l'iniziativa. Vorrei si chiamasse il bosco del dottor De Prà. Mio marito ha dato il meglio del suo entusiasmo e della sua gioventù al Cadore, ha fatto tanto bene tra quelle montagne. E il pensiero che gli alberi vengano ripiantati in sua memoria riempie il mio cuore di pace». 88 anni portati con leggerezza ed eleganza, una vita sociale attiva e piena di stimoli, la signora Giusy racconta di incontrare il carissimo marito scomparso ogni notte, in una sorta di vita parallela oltre la routine della quotidianità. «Lo rivedo in sogno ed è meraviglioso». Questa notte avrà un'emozione in più da raccontare a quel medico gentile. 
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