Lorenzo Marrone, l'avvocato che ha
lasciato il lavoro per fare lo scrittore

Lunedì 2 Maggio 2016 di Marco Scarazzati
Lorenzo Marrone, l'avvocato che ha lasciato il lavoro per fare lo scrittore
Domenica 8 maggio, alle 18.30, in Pescheria Nuova a Rovigo, si terrà l'incontro "La famiglia nell'Italia di oggi" con Lorenzo Marone e Michela Marzano. Abbiamo chiesto a Marone di raccontarci com'è cambiata la sua vita, dopo l'affermazione avuta nel 2015 con il libro "La tentazione di essere felici", definito un vero e proprio caso letterario. 

Come mai la decisione di lasciare il lavoro di avvocato per fare lo scrittore?
«Perché avevo scelto la strada più semplice, dato che mio padre era avvocato. Già dai primi esami di giurisprudenza avevo capito che quello non era ciò che volevo fare. Ho cambiato vita anche grazie alla ricerca di quello che più mi piaceva. La scrittura ha sempre camminato parallelamente alla mia esistenza. Il desiderio di cambiare quello che ormai non mi faceva più stare bene è stata la spinta per rimettermi in discussione. Lo avrei fatto anche se non fossi diventato uno scrittore, perché sono convinto che non sarei mai stato un buon avvocato e nemmeno una persona felice».
Come giudica il mondo letterario italiano?
«Nel nostro Paese chi ha meriti fa fatica ad emergere, però se un libro vale ha successo. Proprio nella letteratura, a differenza ad esempio della musica dove ci sono tantissimi bravi musicisti e cantanti sconosciuti, si può ancora riuscire a farsi notare. Il libro che dura ha basi forti».
C'è un libro in particolare dal quale ha preso spunto?
«Sono sempre stato un grandissimo lettore e ho letto di tutto. Posso dire che "L'isola di Arturo" di Elsa Morante mi ha fatto innamorare della scrittura quando ero adolescente. A differenza di un tempo, non amo più leggere gialli e thriller. Preferisco gli autori contemporanei e americani».
Qual è il suo giudizio sugli scrittori italiani?
«Ci sono tanti autori in questo periodo che sanno descrivere nei loro libri come pochi. La vita è una commedia e noi italiani siamo sempre stati maestri nel cinema e nella letteratura. In questo momento ci sono tanti autori grandi e piccoli, che non vengono letti dagli italiani per partito preso».
Come si diventa scrittori?
«Bisogna leggere molto, scrivere tanto e ogni giorno, farsi giudicare, partecipare a concorsi come ho fatto io all'inizio e cimentarsi nei romanzi. Bisogna inoltre farsi le spalle larghe, passando per giudizi e critiche che, a volte, possono essere anche pesanti, esporsi e saper accettare un po’ di tutto».
Ci può anticipare qualcosa sul suo prossimo libro?
«Posso solo dire che ci sarà molta più Napoli rispetto ai precedenti, diversa da quella che viene raccontata da tutti. Perché esiste anche una Napoli diversa da quella di Gomorra. Più popolare. Rispetto ai primi due libri, dove volutamente ho descritto poco la mia città, nel prossimo ne parlerò di più. Una Napoli più positiva».
Sull'incontro in programma per RovigoRacconta, che cosa ci può dire?
«Sarà una discussione a 360 gradi sulla famiglia, sui ruoli che spesso questa attribuisce. Si parlerà del concetto di affermazione della propria identità all'interno della famiglia, per essere se stessi, emanciparsi, ribellarsi all'amore di chi ci ama. Inoltre, si darà spazio alla generazione dei bambini nati negli anni '70 i quali, per primi, hanno vissuto l'esperienza del divorzio. Come sono diventati oggi questi 40enni con i loro traumi».
Ultimo aggiornamento: 13:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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