Cibotto, l'ultimo regalo alla sua città: un lascito di 60mila libri

Lunedì 14 Agosto 2017
Cibotto, l'ultimo regalo alla sua città: un lascito di 60mila libri
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Una donazione di 60mila libri. È questo uno dei regali più belli che Gian Antonio Cibotto, prima di andarsene, ha voluto fare a Rovigo. Lasciando la sua biblioteca personale all'Accademia dei Concordi, Toni ha dotato la città di un patrimonio culturale unico. Il prezioso lascito sarà ora catalogato grazie a un contributo della Fondazione Cariparo. «Toni impersonava, in quanto scrittore - ricorda il presidente dell'Accademia Enrico Zerbinati -, l'anima più intima e vera del Polesine, in particolare del Delta del Po e in generale del Veneto. Le sue opere hanno saputo con straordinaria forza realistica offrire ai lettori la descrizione delle vicende che hanno colpito il Polesine».

Ma Cibotto, oltre a narrare le tragedie del Polesine (Cronache dell'alluvione, La rotta), si fece anche cantore della valle del Piave e della catastrofe della diga del Vajont (Stramalora). La sua carriera giornalistica e di scrittore era iniziata come redattore alla Fiera Letteraria di Cardarelli, proseguita con quel La coda del parroco (1958) che tante polemiche suscitò in Polesine e nella diocesi adriese. «Il suo capolavoro narrativo prosegue Zerbinati - è forse il romanzo Scano Boa (1961), che racconta la cruda e disperata storia della solitudine orgogliosa di un vecchio pescatore di storioni». Non a caso, il critico Paolo Baldan spiegò che il romanzo sembra riprendere «un motivo di Hemingway, tanto che verrebbe voglia di sostituire il titolo cibottiano con Il vecchio e il Delta, anche se questa vicenda è di una chiusa ferocia, che rende quella raccontata dall'americano poco più di una favoletta edificante».
Ma, tra le numerose qualità di Cibotto, in molti hanno voluto ricordare quella di scopritore di talenti, scovati viaggiando con la sua Mini Minor bianca lungo l'intera Penisola: «Toni, oltre ad avere dato un'identità culturale al Veneto ha scritto l'amico scrittore Romolo Bugaro - Ha privilegiato le carriere degli altri alla propria. Sempre in nome di un progetto, di un'opera, della bellezza artistica».
Cibotto è stato mentore di scrittori, registi, attori. Si può affermare, senza paura di esagerare, che una grossa fetta della cultura italiana della seconda metà del Novecento sia stata aiutata a nascere proprio da lui. Eppure, la storia di Cibotto nacque nella modesta provincia rodigina. Nel 1952, a Roma, dopo l'esperienza con la Fiera, Toni diventò capoufficio stampa per la Rizzoli. Da lì, fu una strada in ascesa. Negli ambienti romani, Cibotto conobbe gli scrittori più noti, da Brancati a Moravia. Negli anni successivi ha lavorato sempre sul doppio binario del giornalismo e dell'editoria e, a metà degli anni Settanta, è tornato a Rovigo, per essere più vicino all'anziana madre Mila, alla quale lo legava un sentimento fortissimo. Cibotto continuerà a collaborare con Il Gazzettino come critico teatrale, a presentare libri, a far parte di giurie letteraria. Negli anni 90 a Monselice aprì una prestigiosa rivista, Veneto ieri, oggi e domani edita dalla Newton Compton di Vicenza: la redazione era in via Del Santuario, abbarbicata sulla Rocca, quella che Cibotto amava definire «la più bella strada del Veneto». Poi il ritiro da principe stanco, come il titolo del libro che raccoglie molti dei suoi ricordi, dei personaggi, dei racconti di un mondo è quasi scomparso. E che oggi ci lascia come inestimabile, unica eredità.
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Ultimo aggiornamento: 11:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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