VENEZIA - Luca Zaia aveva detto no alle trivelle alla vigilia del referendum del 2016, quando al Governo c'era Matteo Renzi. E dice no anche adesso: «Siamo contrari a nuove perforazioni, piuttosto siamo disponibili a potenziare l'attività del rigassificatore».
Sei anni fa il governatore del Veneto sosteneva «la delicatezza di un sistema vallivo-lagunare che dalle foci del Po si estende fino al Friuli Venezia Giulia», ammonendo che «il rischio della subsidenza è assai concreto, il più evidente, quello che ci dovrebbe se avessimo una politica estera autorevole spingere a curiosare anche sull'altra sponda dell'Adriatico». E poi: «Le trivelle risultano irrilevanti per i nostri bisogni energetici, ma decisamente impattanti per le conseguenze sull'ambiente». Adesso, con non più il centrosinistra ma Giorgia Meloni e l'intero centrodestra al Governo, il presidente del Veneto non cambia idea e ribadisce il suo no alla trivellazioni nell'Adriatico.
L'ALTERNATIVA
E quindi? E quindi no. «Senza citare altri elementi tecnici - ha aggiunto Zaia - dico che le garanzie sono veramente minimali perché questo non accada ancora. Quindi, siamo contrari a nuove perforazioni, piuttosto siamo disponibili, sin da ora, a potenziare l'attività del rigassificatore».
Come andrà a finire? L'orientamento del Governo è stato riassunto dal ministro delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso (FdI) ieri mattina a Radio Anch'io: «Andremo avanti lo stesso, è una delle urgenze per garantire continuità alle imprese energivore (vetrerie, ceramica, siderurgia) tenendo conto dell'ambiente». Ma nella Lega veneta anche altri si sono espressi contro le perforazioni. «No, no e poi ancora no», ha detto la consigliera regionale polesana Laura Cestari. E l'assessore allo Sviluppo economico Roberto Marcato: «Dobbiamo contemplare l'esigenza di avere sempre più autonomia energetica con le fragilità dei nostri territori».