«Devi morire»: ginecologa linciata sul web per la bimba nata tetraplegica

Giovedì 29 Novembre 2018 di Francesco Campi
L'ingresso dell'ospedale d Rovigo, dove presta servizio la dottoressa Dibello
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ROVIGO - Minacce di morte, offese, telefonate a casa, messaggi da brividi. All’indomani dell’esplosione mediatica della delicatissima vicenda riguardante la piccola Eleonora Gavazzeni, la dottoressa Cristina Dibello, 41 anni, residente in Polesine, è stata travolta da un vero e proprio linciaggio che non è stato solo “virtuale”. Già dalle prime ore della mattina la sua pagina Facebook è stata invasa di messaggi che si sono aggiunti a un post di qualche tempo fa, nel quale commentava con amarezza la vicenda, ricevendo alcuni commenti di solidarietà da alcune sue pazienti. Alcuni dei nuovi commenti si limitavano a dirle di vergognarsi, altri arrivavano addirittura ad augurarle malattie e anche la morte.

 
MESSAGGI SUL CELLULARE
Un suo numero di cellulare, al servizio dei pazienti, è stato diffuso e utilizzato per messaggi di tenore analogo. Qualcuno l’ha chiamata a casa. Tutto in seguito alla puntata de “Le Iene”, incentrata sul caso del mancato pagamento del risarcimento da oltre 5 milioni alla famiglia di Eleonora, stabilito dalla sentenza di primo grado sulla causa civile, immediatamente esecutiva, pronunciata il 19 settembre dal giudice Pierangela Congiu. Ieri già ad ora di pranzo, dopo le decine e decine di commenti comparsi sulla sua pagina Facebook, la dottoressa l’ha cancellata. Ed è entrato in gioco il suo legale, l’avvocato Riccardo Venturi di Ferrara: «Sono costernato, già dopo la sentenza d’appello del procedimento civile, il 15 marzo, avevo invitato a non fomentare campagne d’odio, invece è quello che è accaduto. Il massacro al quale è stata sottoposta la dottoressa Dibello è inaccettabile e ho già avuto mandato di procedere contro tutte le persone che hanno oltrepassato ogni limite, compresi gli attacchi sui social: uno a uno verranno querelati».
QUERELA PER I POST DI OFFESE
L’avvocato Venturi aveva già rotto il silenzio dopo la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Venezia, nella quale si rilevano “negligenze” nel comportamento delle due ginecologhe dell’ospedale di Rovigo Dina Paola Cisotto e Cristina Dibello, accusate di lesioni personali colpose per quanto avvenuto durante la nascita della piccola Eleonora, pur dichiarando il non doversi procedere nei loro confronti per intervenuta prescrizione. «Certo, se dopo la sentenza civile non ci fosse stato un rimpallo di responsabilità con le assicurazioni – spiega l’avvocato – la situazione sarebbe molto diversa, ma nulla giustifica le campagne d’odio, né il trasformare una stimata professionista in un mostro. La Dibello non si è sottratta alle proprie responsabilità ritardando i processi, ma difendendosi come ognuno ha il diritto di fare: il suo dolore per l’accaduto non può e non deve condividerlo con nessuno, tanto meno davanti alle telecamere».
Dure le parole dell’avvocato Federico Donegatti, compagno della dottoressa Dibello: «Delle vicende processuali si occupa il collega Venturi, ma da futuro marito di Cristina non posso rimanere in silenzio davanti a questo linciaggio massmediatico, che ha prodotto una criminalizzazione.

E che sia tutto chiaro e palese anche dal punto di vista delle responsabilità è un falso, tanto è vero che già in fase preliminare c’era stata una richiesta di archiviazione e che la sentenza di primo grado aveva assolto le due dottoresse. Segno che tutto chiaro non è. Sulla causa civile c’è un appello pendente, così come il processo penale deve approdare in Cassazione. Si sta forzando la mano mandando al patibolo una dottoressa con un curriculum che parla per lei, apprezzata dalle sue pazienti e che ogni giorno lavora con scrupolo e coscienziosità. Nulla, in ogni caso, può giustificare le telefonate minatorie a casa ed il linciaggio».

Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 10:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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