Venezia-Roma. Io, derubato di tutto
nel sonno sul treno dei predoni

Venerdì 12 Febbraio 2016 di Giuseppe Pietrobelli
Venezia-Roma. Io, derubato di tutto nel sonno sul treno dei predoni
11
Un tempo il vagone letto di prima classe era una specie di sancta sanctorum. Con sussiego il controllore chiedeva il documento di viaggio (non diceva il biglietto), poi ti accompagnava verso una cabina così accogliente da sfatare il pregiudizio di chi ritiene il treno comunque puzzolente e promiscuo. Un altro mondo rispetto alla seconda, una serie di loculi sovrapposti, odorosi come calzini bucati, variopinti come una casbah. Già, un tempo, l'Italia sui treni viaggiava così. Ma oggi che il Paese si è rimesso in moto - assicura il potere di turno - il medioevo della crisi è dietro le nostre spalle e la modernizzazione conosce ritmi inarrestabili, anche uno scompartimento può diventare il simbolo delle nostre insicurezze e paure, esperienza vivente nella giungla ove siamo ormai costretti a crescere. «Gli Intercity ti consentono di risparmiare tempo e denaro» promette pomposamente Trenitalia nell'eterna disfida commerciale con l'aereo, nel tentativo di portare la gente del Nord produttivo verso il Centro e il Meridione. Non credeteci. Per chi è salito indenne sul trenino dei tagliagole, che in Perù raggiunge il Titicaca, forse il più pericoloso al mondo, o ha attraversato l'India dentro bidonville in movimento, ammasso di razze e religioni, la tratta da Venezia-Mestre a Roma Termini dovrebbe essere una specie di Eden.
Si sale, si parte, ci si stende placidamente sul letto dalle lenzuola di carta (non come ai bei tempi...) e poi ci si lascia dondolare nel tun-tun, tun-tun-tun, tun-tun che addormenta placidamente. Chi può immaginarsi che sia solo l'anticamera di un incubo che si materializza nel bel mezzo della notte? Alle 0.22 l'intercity 771 arrivato da Trieste e diretto al Sud ha lasciato la piattaforma di Mestre. Il controllore se n'è andato a dormire da un pezzo e anche il passeggero si è abbandonato al sonno, ignaro di chi si sta muovendo nell'ombra. Su due grucce sono stati appesi un giaccone, una giacca, una camicia e una cravatta.
Ma intanto là fuori, in quel microcosmo viaggiante, sfacciatamente indifeso perchè privo di controlli e di tutele, c'è gente al lavoro. Che pianifica, studia ed è pronta a colpire. Alle 3.30 il buio della notte è illuminato da un bagliore, la porta della camera numero 31 viene spalancata con mossa furtiva. Previa forzatura della serratura, con una chiave probabilmente identica a quelle in dotazione ai ferrovieri. Un lampo di coscienza, qualcuno è appena entrato e ha afferrato ciò che gli capitava a tiro, certo di trovarvi soldi a buon mercato. Il risveglio è repentino, ma il balzo oltre la soglia è attutito dal sonno, conosce sequenze felpate. Quindi, tardive. La giacca non c'è più, con tutto il più ovvio dei corollari di carte di credito, bancomat, bigliettoni di medio taglio, tessera sanitaria e codice fiscale. Un'intrusione in piena regola, ma non il gesto di un singolo disperato. Il furto con scasso è solo l'evidente applicazione di un metodo. Nella preparazione. Nella esecuzione. E nella fuga. Alla faccia delle garanzie di sicurezza del passato, quando il personale vegliava attento sul sonno di tutti.
La corsa trafelata fino alla cabina del controllore dura poco, molto più lungo è il risveglio del lavorante. «Chiami la polizia». «Non ci sono agenti». Invece i ladri ci sono. «Vado a cercare il capotreno». Passano minuti cruciali, il corridoio che corre nella direzione opposta finisce di fronte a una doppia porta che si apre premendo un semplice pulsante. Al di là sì spalanca il mondo brulicante della notte in seconda classe, gente che staziona sui seggiolini, che satura gli scompartimenti, una piccola babele. In piedi un allampanato dalla barba incolta.«La giacca, dov'è la mia giacca?». «?!?». Inutile chiamare la Polizia con il cellulare, sta ad Arezzo mentre il convoglio è a Prato. Con flemma arriva il controllore. »Faccia aprire le porte, faccia il suo lavoro. Controlli, cerchi il ladro e la refurtiva». Risposta serafica: «Non posso far aprire le borse, chiedere di mostrare cos'hanno nelle tasche...».
Ha ragione. «...e poi hanno già buttato tutto dal finestrino e si sono tenuti i soldi».
Ma cerchi beneddetuomo! Sollecitato, va nelle toilettes. Nulla. In seconda classe solo un muro di indifferenza. E nelle cabine vicine? Sorpresa. La numero 29 è occupata. Ma non dovrebbe. Due uomini sono seduti sul letto, non dormono, paiono appena entrati. Non hanno il biglietto. Ma non è una prova. «Ma lei non era in corridoio tre minuti fa?». «Sono andato in toilette». Nessuno controllava, nessuno ha chiuso l'accesso allo scompartimento. Un tempo il vagone letto era inaccessibile, oggi è peggio di un’autostrada. «Ma allora c'era una persona in ogni vagone, adesso sono solo».
Ci risiamo con privatizzazione e personale all'osso, che si traduce in servizio scadente. Questa è l'Italia che corre. Chiunque può scassinare una porta in piena notte e far manbassa. Arriva anche il capotreno, donna, gentile, ma piuttosto inutile. «Tranquillo, da qui non scende nessuno, le porte sono tutte chiuse». Ma ad Arezzo e Terontola qualcuno scende. Anche la capotreno è inerme in questo pezzo di mondo dove ogni notte si combatte una guerra senza vincitori. «Ma lo sa che aprono e ci rubano i tablet?». E voi cosa fate? «Niente, ci portiamo appresso le borse».
Treni da Terzo Mondo. Quando il 771 entra a Termini, solo un giaccone può coprire la giacca del pigiama. Così, impudicamente, come un barbone, si raggiunge la Polfer. La denuncia è litania senza speranze. «Sul treno a volte ci saliamo, ieri sera no» ammette candidamente l'agente. Grazie tante, e i ministri strombazzano sul controllo del territorio. Al posto assistenza di Trenitalia nessuno è attrezzato per prestare una camicia a un passeggero senza soldi.
Per fortuna il vostro giornalista è atteso da una trasmissione in Rai. Attraversa mezza Roma in taxi, sempre con un mezzo pigiama addosso. Per fortuna la costumista di via Teulada trova giacca e camicia, che calzano a pennello. Ciak, in onda. E Magalli apre "I fatti vostri", dedicati a rievocare i misfatti di Unabomber. Ma quello almeno lo hanno cercato, senza trovarlo. Ai ladri sui treni delle nostre notti nessuno sembra dare la caccia.
Giuseppe Pietrobelli

© riproduzione riservata
Ultimo aggiornamento: 15:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci